Del doman non v’è certezza

 

di Filippo Gherardi

 

Non si tratta di essere pro o contro Luca Cordero di Montezemolo, ne tantomeno di immaginarsi Sergio Marchionne nei panni di presidente e timoniere dell’ultimo vero marchio made in italy in grado di far innamorare milioni di persone. Si tratta di Michael Schumacher, Jean Alesi, Rubens Barrichello, Jean Todt, Rory Byrne e Ross Brawn, ma anche di Kimi Raikkonen, Felipe Massa e Fernando Alonso. Si tratta di 23 anni di successi, di sei titoli mondiali piloti ed addirittura di otto costruttori. Si tratta di un’era, vincente ed avvincente, che è arrivata ai titoli di coda. Un ciclo che finisce, una storia conclusa e difficile da dimenticare tanto quanto da eguagliare. La Ferrari ripartirà da Sergio Marchionne, bisognerà capire fino a che punto e fino a quando anche da Marco Mattiacci nel ruolo di team principal e da Fernando Alonso in quello di prima guida. Quel che è certo è che ripartirà da una squadra e da un progetto tecnico in gran parte da ricostruire, sicuramente con il fardello, pesante, di un’eredità da raccogliere e soddisfare. Interrogarsi su quale futuro toccherà al Cavallino, almeno nell’immediato, è lecito ma anche, per i tanti tifosi, piuttosto autolesionista. Che la Ferrari sia un orgoglio nazionale non si discute, che la gestione Marchionne dell’intero gruppo Fiat faccia rima con un robusto, e continuo, processo di internazionalizzazione lo dicono i fatti. Tuttavia in queste ore il neo presidente della Rossa ha lasciato intendere senza troppi giri di parole che la Ferrari è l’Italia e che, come tale, in Italia rimarrà. Salvaguardando il suo stato di società (e marchio) autonomo all’interno della grande famiglia FCA. Qualcuno anni indietro lo ha definito un manager costantemente proiettato al futuro, ed allora perché in pochi, almeno oggi, riescono ad immaginarsi nel futuro immediato un Sergio Marchionne festante, e vincente, nei box accerchiato da una valanga rossa di tecnici, meccanici ed indirettamente anche di tifosi? Nel frattempo Luca Cordero di Montezemolo si congeda con la bellezza di 27 milioni di euro di liquidazione, l’ultimo atto, ed anche quello meno romantico, di una storia che ormai appartiene al passato.

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