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“Olli”, minibus elettrico a guida autonoma

 

di Stefano Ursi

 

Sperimentazione dopo sperimentazione, test dopo test. Un percorso, quello della realizzazione dei veicoli a guida autonoma, che da tempo viene battuto in lungo e in largo per studiare e mettere sul campo tutte le innovazioni che la tecnologia di ultima generazione può assicurare. Ed è sulla scorta di questo percorso e delle ultime miglia percorse in ordine di tempo, che negli Usa viene testato in circolazione su un territorio per ora delimitato il minibus a guida autonoma “Olli”; questo modello, dato alla luce dalla Local Motors è elettrico, non prevede conducente ed è stato assemblato con pezzi realizzati tramite stampaggio in 3D. Un gioiellino di tecnologia, che si può oggi vedere e utilizzare sulle strade a sud di Washington, nel resort National Harbor che si trova nei pressi del fiume Potomac (Maryland). Olli studiato e approntato a scopo di trasporto persone (ne può portare 12) e può vantare un sistema di gestione basato su Watson, piattaforma Ibm che rende possibile un vero e proprio “dialogo” della macchina con i passeggeri. Un sistema che permette di rivolgere comandi vocali alla vettura, di modo da indirizzarla verso questo o quell’altro luogo, o piuttosto ordinarle di prendere questa o quell’altra strada per un determinato itinerario. Non manca ovviamente l’interconnessione con lo smartphone che permette di richiedere Olli o di sapere in tempo reale quando passerà nel luogo dove ci si trova. Tutto legato al “cervello” che funge da base al corpo del minibus, cervello su cui ancora si lavora per renderlo sempre più sicuro e affidabile dal punto di vista tecnico e informatico. Non è il primo modello di minibus autonomo di cui le cronache dei media si occupano da anni a questa parte, visto che già sono partite sperimentazioni in Svizzera piuttosto che a Singapore, mettendo in rete conoscenze e know-how differenti a seconda dei Paesi nei quali esse si svolgono, ma rimane sempre una linea decisiva che negli Usa come in Europa o in Oriente si deve sempre tener d’occhio, ovvero la capacità di rendere il funzionamento di questi veicoli “impermeabile” ad ogni attacco o disfunzione provenienti dall’esterno. È infatti questa la grande sfida dei veicoli a locomozione autonoma: renderli totalmente sicuri, non solo per quanto riguarda la strada ma anche e soprattutto in relazione a fattori esterni come le manipolazioni informatiche del sistema. Una sfida che se si vuole davvero costruire un comparto sulla locomozione autonoma non è possibile perdere.

Spanish Grand Prix, Barcelona 9 - 12 May 2013

Formula nuova

 

di Flavio Grisoli

 

Continuiamo ad occuparci della svolta epocale che la Formula Uno ci sta riservando per la prossima stagione. Per chi scrive, si tratta dell’ennesimo tentativo (la storia poi ci dirà se riuscito o meno) da parte della Federazione di aumentare lo spettacolo e la competitività di tutte le scuderie, cercando il più possibile di livellare le differenze. Già nello scorso numero avevamo introdotto l’argomento, oggi cercheremo di concluderlo. Dei motori turbo abbiamo già parlato la scorsa volta: più piccoli di cilindrata ma leggermente più pesanti (si tratta di una vera e propria “power unit” e tra poco scopriremo perché) dovrebbero (il condizionale, ahinoi, è d’obbligo) rendere un po’ più pepate le competizioni. Perché? Oltre al Kers, che si è rivelato uno strumento utile fino ad un certo punto (poco, in realtà), dalla prossima stagione abbiamo anche l’Ers. Sotto questo acronimo (che sta per Energy Recovery System) si cela un complesso sistema che provvederà a recuperare sia l’energia cinetica in eccesso dalle ruote motrici, ovvero esattamente quel che fa il KERS oggi, e sia l’energia “termica” in eccesso portata dai gas di scarico alla girante della turbina, ovvero una sorta di HERS (dove H sta per “heat”, calore). Questa è la descrizione che si desume dall’articolo 1.24 del regolamento tecnico FIA 2014. Mentre il KERS resterà esattamente uguale a quello attualmente utilizzato nei principi di funzionamento (varierà soltanto la potenza che è in grado di erogare, passando dagli attuali 60 KW ai futuri 120 KW), l’HERS è totalmente nuovo e da scoprire. In realtà, volendo essere precisi, da regolamento non esisteranno né il KERS e né l’HERS, bensì esisterà solamente l’ERS composto da due sottoparti, il MGU-K (Motor Generator Unit – Kinetics) che recupera energia cinetica, ed il MGU-H (Motor Generator Unit – Heat) che recupera invece energia “termica”. Ma non finisce qui: come abbiamo capito dalla prossima stagione la fortuna sarà degli elettronici, e non degli aerodinamici (abbassamento quasi al livello del suolo dei musetti ne sono un esempio lampante: vedremo delle vetture stile formichiere, o aspirapolvere): la grandissima novità è il brake-by-wire. La FIA ha recentemente deciso di acconsentire alla richiesta presentata dai team di integrare sulle monoposto un sistema di gestione della frenata posteriore, proprio per garantire una potenza della frenata pressoché costante (e quindi modulabile) al pilota. Si tratta di una piccola rivoluzione perché si potranno sviluppare in proprio queste soluzioni, sganciandosi quindi dal controllo elettronico comune che si ha attualmente con la centralina MES. Non solo, è un primo passo verso la vera grande rivoluzione elettronica della Formula 1, quella attesa e preannunciata anche dalla Magneti Marelli che, attraverso alcuni dei suoi tecnici responsabili, ha ammesso di studiare e sperimentare già da tempo: la sostituzione di molti dei comandi elettroidraulici attualmente presenti sulle monoposto con comandi totalmente elettronici. Per comandi elettroidraulici si intendono, volgarmente, accelerazione, frenata e sterzata. Non scherziamo, se si apre il vaso di Pandora dell’elettronica è finita. Vedremo delle gare radiocomandate, come nei videogiochi. Non ci crediamo. Nel dettaglio del regolamento su altre questioni (gestione delle gomme, pit-stop, capienza del serbatoio ecc.) non ci soffermiamo, sono quisquilie. Ma lasciateci almeno i piloti. Per favore.

 

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Volvo pensa anche ai pedoni

 

di Flavio Grisoli

 

Per il primo appuntamento di questa rubrica dedicata alla sicurezza e alla tecnologia (non necessariamente correlate, ma se parliamo di sicurezza spesso il progresso tecnologico non può che incrementarla), vogliamo parlare del “pedestrian airbag”, brevettato da Volvo e presentato nello scorso Salone dell’Auto di Ginevra. Si tratta di un airbag esterno, che grazie all’aiuto di sette sensori posizionati nella parte anteriore della vettura, insieme ad un sistema di rilevamento automatico dei pedoni (che rallenta l’andatura dell’auto se non lo fa il conducente), in caso di impatto tra i 20 e i 50 km/h (il range di velocità in cui si verifica oltre il 75% degli incidenti) si apre e copre circa un terzo del parabrezza e completamente la zona dei tergicristalli, insieme alla parte del montante laterale, solitamente molto pericolosa in caso di investimento di un pedone. Il presidente di Volvo Italia, Michele Crisci, ha commentato in maniera entusiastica questo ritrovato tecnologico: «Sì, questa è una cosa di cui andiamo molto fieri, a me piace ricordare che la Volvo negli anni ’70 introdusse la cintura di sicurezza e decise di non registrare questa invenzione industriale per metterla a disposizione di tutte le case automobilistiche, fu un gesto di straordinaria valenza tecnologica e sociale. Oggi Volvo percorre ancora una di queste strade maestre e introduce l’airbag esterno. Un pallone che si gonfia sotto al cofano in caso di urto con il pedone ad una velocità altissima ed accoglie lo stesso evitandogli collisioni sia con la schiena che con la testa alle aree più dure della vettura». Vale poi la pena ricordare che 14 decessi su 100 in caso di incidenti stradali in Europa riguarda pedoni. La cifra scende al 12% negli Stati Uniti, ma sale al doppio in Cina.