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Formula 1, ancora un ribaltone

 

di Flavio Grisoli

 

Da qualche anno a questa parte i commissari della Federazione Internazionale dell’Autombile ci hanno abituati ai balletti estivi sui regolamenti, con sconvolgimenti e divieti in corso d’opera. Segno evidente di scarsa attenzione nella redazione delle linee guida (prima) e nei controlli (durante). Questa volta, a farne le spese, è il sistema FRIC (“Front to Rear Inter-Connected suspension”), peraltro già largamente usato da tutte le scuderie da anni. Dopo i disastri relativi agli scarichi soffiati e chissà quali altre diavolerie degli anni passati (ma non era meglio quando gli ingegneri e gli aerodinamici si sfidavano a chi osava di più? Mah…) a Parigi hanno deciso di bandire dai progetti qualsiasi soluzione meccanica che potesse modificare l’aerodinamica della vettura. Ma che cos’è questo FRIC? In poche parole è il sistema che permette la connessione tra asse anteriore e posteriore della vettura per mezzo di piccoli tubicini che, sotto una leggera spinta idraulica, tendono ad uniformare l’azione delle sospensioni delle ruote anteriori e posteriori, annullando di fatto il beccheggio in fase di accelerazione e frenata e il rollio in percorrenza di curva. Con ovvi benefici sotto il punto di vista della trazione e dell’efficienza aerodinamica. A tale proposito è interessante l’analisi fatta dal giornalista britannico Will Gray e pubblicata sulle colonne di Yahoo.Eurosport, dove spiega che qualche squadra sarebbe riuscita a fare lavorare il FRIC in modo tale da consentire alla vettura di abbassarsi nella parte posteriore quando si raggiungono determinate velocità in rettilineo, riducendo così l’angolo d’attacco dell’alettone e diminuendo di conseguenza la deportanza. Un comportamento ravvisato dai commissari dopo un’attenta analisi dei dati e che di fatto andrebbe contro quanto scritto nell’articolo 3.15 del regolamento tecnico sui dispositivi aerodinamici mobili, banditi nel modo più assoluto dalle norme vigenti. Che cosa cambia ora? Le vetture sono più leggere, e meno maneggevoli, proprio perché non c’è più questo sistema FRIC che corregge costantemente l’angolo d’assetto. Assisteremo a più fenomeni di bloccaggio delle ruote in curva (e nel GP di Ungheria i casi sono stati moltissimi) e di pattinamento in fase di accelerazione. In buona sostanza, le vetture sono più nervose e necessitano dell’intervento del pilota. Forse non proprio un male.

Cartellone pubblicitario della SABIC

A ruota libera

 

di Flavio Grisoli

 

Il futuro dell’impatto al suolo delle nostre autovetture presto potrebbe chiamarsi Ultem. Si tratta di una resina speciale prodotta dall’azienda petrolchimica Sabic in collaborazione con Kringlan. Sabic è una delle più grandi industrie del settore al mondo ed è stata creata negli anni ’70 per regio decreto in Arabia Saudita, che ne possiede il 70%. Presidente è il principe Prince Saud bin Abdullah bin Thunayan Al-Saud. Il quartier generale è a Riyadh, capitale dell’Arabia Saudita. Tornando al prodotto, Ultem è una resina composita di carbonio/termoplastica ed è, tecnicamente, un amorfo polieterimide termoplastica. Come caratteristiche ha un’elevatissima resistenza e rigidità, ad altissime temperature e agli agenti chimici. Questo nuovo materiale andrà ben presto a rimpiazzare il metallo e l’alluminio attualmente in uso per la produzione di tutte le ruote delle autovetture in circolazione. Non ci sono solo motivazioni ingegneristiche, anche se potremmo elencare molte altre caratteristiche (temperatura di transizione vetrosa a 217°, intrinseca resistenza alla fiamma con un LOI del 47%, generando comunque un fumo non più denso e dannoso di quello del legno), di certo quello che potrebbe interessare maggiormente i lettori è che questo materiale è estremamente leggero. Cosa significa questo? Che la vettura pesa meno, di conseguenza consuma meno carburante e quindi inquina anche meno. Circa il 2-3% di emissioni di CO2 in meno rispetto ad auto che montano ruote in materiali tradizionali. Naturalmente questi materiali sono stati sottoposti e hanno superato i test dell’Associazione di Controllo Tecnico tedesca (TüV), per verificare che rispettino gli standard definiti dalle norme vigenti per le ruote metalliche. Fatto questo, ora non resta che attendere che arrivino sul mercato.

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Gente di Mare

 

di Flavio Grisoli

 

Una scoperta resa nota pochi giorni fa ha scosso il mondo della marina militare. La US Navy ha sviluppato un carburante radicalmente nuovo. A base di acqua di mare. Gli scienziati della Marina hanno trascorso diversi anni a sviluppare il processo per prendere l’acqua di mare e usarlo come combustibile e ora hanno usato il nuovo combustibile per alimentare un piccolo aereo radiocomandato. L’esperimento è riuscito. Questa soluzione potrebbe permettere alle navi di rimanere in acqua senza bisogno di fermarsi per anni. Gli Stati Uniti hanno una flotta di 15 petroliere militari, e solo alcune portaerei e sottomarini sono dotate di propulsione nucleare. Tutte le altre navi devono spesso abbandonare la loro missione per alcune ore per navigare in parallelo con la petroliera. Un’operazione delicata, soprattutto in caso di maltempo. L’obiettivo finale è quello di allontanarsi del tutto dalla dipendenza dal petrolio, il che significa anche che la Marina non sarebbe più ostaggio di potenziali carenze di petrolio o fluttuazioni del suo costo. Il costo previsto del carburante utilizzando queste tecnologie è nel range di $3-$6 per gallone (0,57 € – 1,2 € al litro), e con finanziamenti e partnership sufficienti, questo approccio potrebbe essere commercialmente valido entro i prossimi sette-dieci anni. Dalla US Navy fanno sapere che sperano che il carburante non solo sarà in grado di dare energia alle navi, ma anche agli aerei. Il dottor Heather Willauer, un chimico di ricerca che ha trascorso quasi un decennio sul progetto, ha detto: “Per la prima volta siamo stati in grado di sviluppare una tecnologia per ottenere CO2 e idrogeno dall’acqua di mare contemporaneamente, questo è un grande passo avanti – ha detto, aggiungendo che il carburante – non ha un aspetto o odore molto diverso dal normale”. Ora che hanno dimostrato che può funzionare, il passo successivo è quello di produrre in quantità industriali. Ma prima di questo, in collaborazione con diverse università, gli esperti vogliono migliorare la quantità di CO2 e idrogeno possono catturare. Il vantaggio assolutamente cruciale è che il nuovo combustibile può essere utilizzato già direttamente nei motori attualmente montati su navi ed aerei. Svantaggi? Solo uno, a quanto pare: i ricercatori avvertono che sarà almeno un decennio prima che le navi americane sono in grado di produrre il proprio carburante a bordo.

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La Mela al volante

 

di Flavio Grisoli

 

Era una delle presentazioni più attese, e in un certo senso non ha tradito le aspettative. Negli scorsi mesi Tim Cook, CEO di Apple, aveva anticipato una nuova funzionalità del nuovo sistema operativo iOS7, che in molti avevano ribattezzato “iOS in the car”. Ovvero la possibilità di avere nella propria macchina, all’interno del proprio sistema di infotainment, le funzionalità di iPhone e iPad. Ora finalmente ne sappiamo un po’ di più: la funzionalità si chiama “CarPlay” e per il momento le case automobilistiche che se ne sono dotate sono Ferrari, Mercedes e Volvo. Quindi i requisiti per poter usufruire sono: una delle macchine sopra elencate, un Iphone (ma solo il 5, visto che il collegamento al dock è con la nuova versione di attacco) o un iPad. Ma in soldoni, cosa succede quando colleghiamo il nostro device alla macchina? In buona sostanza, sul display del sistema di infotainment appare un’interfaccia simile a quella dell’iPhone, con la possibilità di utilizzare solamente le applicazioni utili quando si è in auto (musica, navigatore, lettura dei messaggi, effettuare chiamate). In molti hanno comunque storto la bocca, perché dalle anticipazioni dei mesi scorsi fornite dallo stesso Cook quando presentò iOS7, in molti pensavano a qualcosa di decisamente più incisivo. Invece, e su questo non possiamo che concordare, si tratta della splendida interfaccia e intuitività dei dispositivi Apple all’interno del navigatore della propria auto. Ovviamente questo è solamente il primo passo della casa di Cupertino verso la creazione della tanto invocata “Smart car”. Per il momento, possiamo “accontentarci”, magari, di salire sulla nostra Ferrari FF e comandare al navigatore di portarci a casa.

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Sicurezza è legge

 

di Flavio Grisoli

 

Nei giorni scorsi l’amministrazione Obama, per bocca del segretario ai trasporti Anthony Fox, ha lanciato un segnale importante all’industria automobilistica a stelle e strisce o, se vogliamo, un diktat vero e proprio: tutti i nuovi veicoli dovranno avere come dotazione di bordo il sistema di comunicazione “car-to-car”, cioè quella tecnologia in grado di avvisare il conducente dell’avvicinarsi di un altro mezzo anche se non è nel campo visivo del guidatore. Anche i veicoli da lavoro e i mezzi pesanti sono compresi nel provvedimento di Fox. L’obiettivo del presidente Obama è approntare una legge ad hoc entro la fine del suo secondo ed ultimo mandato alla Casa Bianca, prevista per il gennaio del 2017. Questa improvvisa, ma non del tutto inattesa, accelerazione sotto il punto di vista della sicurezza stradale con i sistemi di comunicazione “vehicle-to-vehicle” deriva dalla sperimentazione portata avanti nel 2012 proprio dal Dipartimento dei Trasporti USA su un campione di 3mila veicoli. Il risultato è stupefacente, perché è dimostrato che questi sistemi evitano circa l’80% delle potenziali collisioni che hanno come coinvolti automobilisti sobri. Sembra tutto perfetto, ma sappiamo che una medaglia ha sempre due facce. Le criticità da risolvere su un sistema controllato attraverso satelliti è facilmente intuibile: la privacy. In molti storcono il naso perché temono che i loro dati su posizione e velocità possano essere resi pubblici. Le case automobilistiche vogliono vederci chiaro e soprattutto avere rassicurazioni dal Dipartimento dei trasporti, anche per evitare denunce da parte degli utenti. Sarà comunque un processo inevitabile, anche perché il numero dei decessi sulle strade statunitensi è sensibilmente aumentato: +1.000 nel 2012 rispetto al 2011 (33.500 in tutto). Un incremento che non ha lasciato indifferenti le autorità di Washington dopo circa un settennato positivo.

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Ibrida indipendente

 

di Flavio Grisoli

 

Da tempo vi stiamo parlando di come le più grandi aziende informatiche stiano focalizzando i propri sforzi e le ingenti risorse economiche di cui dispongono sulle nuove tecnologie da applicare alle automobili. In particolare, proprio perché è il campo in cui stanno maggiormente convergendo gli sforzi dei grandi produttori, ci siamo soffermati più volte sui modelli di auto a guida automatica. Google ha lanciato il suo Gesture Control, cioè comandare le funzioni dell’automobile con dei semplici gesti predefiniti. Altre, magari più semplicemente, hanno dotato le vetture di software in grado di “leggere” la strada e far comportare la nostra macchina di conseguenza. Anche Ford non poteva essere da meno e dopo aver dotato le sue auto con i più sofisticati sistemi di infotainment adesso si butta a capofitto in questo mercato ancora tutto da scoprire. E così il frutto della sinergia con la Michigan University e la compagnia di assicurazioni State Farm crea la Fusion Ibrida a guida automatica. Qui in realtà le novità sono due: oltre ad essere ibrida, quindi con un notevole impatto positivo sulle emissioni, c’è anche la nuova tecnologia di automazione. Si tratta di un prototipo ma la Mondeo (fondamentalmente la gemella europea della Fusion) ibrida arriverà nel Vecchio Continente in autunno. La Fusion Hybrid è stata sviluppata sugli studi effettuati in un ambiente di realtà virtuale sviluppato internamente da Ford. Questo comporterà che nel prossimo futuro le Ford saranno dotate dell’Active Park Assist (il dispositivo che permette di parcheggiare completamente in automatico) e dell’Active City Stop (assistenza di guida nel traffico). Ma nel lungo periodo cosa dovremo aspettarci? Che le auto “comunichino tra di loro” scambiandosi le informazioni relative al proprio tragitto al fine di evitare incidenti. La Fusion Hybrid è dotata di monitoraggio della zona d’ombra, della segnaletica orizzontale e del controllo adattivo della velocità di crociera. Ma come funziona? Sono presenti 4 sensori che utilizzano dei fasci di luce che permettono una scansione 3D dell’area intorno all’automobile in un raggio di 60 metri. La luce emanata permette così ai sensori di creare una mappa virtuale dell’ambiente circostante, compresi pedoni e ciclisti e sono capaci di distinguere un piccolo animale a circa 100 metri di distanza.

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Non è un aereo. È meglio

 

di Flavio Grisoli

 

Ormai da diverso tempo questa pagina è monopolizzata dai sistemi di guida futuri(bili). Ho cercato di spostare lo sguardo nelle ultime due uscite sulle nuove (e discutibili) regole tecniche della Formula 1 stagione 2014, ma oggi torniamo a cavalcare il nostro cavallo di battaglia preferito. Con quella che sarà la grandissima novità del 2014. Non mancherà molto per vederla dal vivo, perché il 4 e 5 marzo prossimi il Salone di Ginevra aprirà i battenti alla stampa e noi saremo lì a guardare la Rinspeed XchangE Concept. Il concetto di partenza è sempre lo stesso, un’auto a guida autonoma. Ma qui saliamo ad un livello decisamente superiore. Il costruttore svizzero ha infatti totalmente reinventato la concezione degli spazi all’interno dell’abitacolo, ideato come un salottino per uomini d’affari. I sedili anteriori, infatti, possono ruotare a 360°, permettendo così ai passeggeri di intavolare una conversazione vis-à-vis. Questo grazie anche alla tecnologia Steer by wire, che permette allo sterzo di scorrere dalla classica posizione laterale fino al centro della plancia anteriore, consentendo così una gestione dello spazio interno davvero innovativa. È possibile così creare un vero e proprio salotto, stile limousine. Naturalmente non c’è solo questa particolare concezione di “condivisione” del viaggio: Rinspeed ha infatti messo a punto un nuovo sistema di infotainment in grado di rendere la vettura un vero e proprio ufficio itinerante, offrendo al “conducente” (non si potrà più chiamare così, effettivamente) la possibilità di intrattenersi con dei videogiochi, oltre a guardare film e operare sulla propria casella di posta elettronica, fino a organizzare delle videoconferenze. Il capo di Rinspeed Frank M. Rinderknecht ha dichiarato: “Finora nessun costruttore ha preso seriamente in considerazione la logica del conducente. Ora non sarà più necessario guardare la strada durante il viaggio, ma spendere quel tempo in modo più proficuo e significativo”.

Spanish Grand Prix, Barcelona 9 - 12 May 2013

Formula nuova

 

di Flavio Grisoli

 

Continuiamo ad occuparci della svolta epocale che la Formula Uno ci sta riservando per la prossima stagione. Per chi scrive, si tratta dell’ennesimo tentativo (la storia poi ci dirà se riuscito o meno) da parte della Federazione di aumentare lo spettacolo e la competitività di tutte le scuderie, cercando il più possibile di livellare le differenze. Già nello scorso numero avevamo introdotto l’argomento, oggi cercheremo di concluderlo. Dei motori turbo abbiamo già parlato la scorsa volta: più piccoli di cilindrata ma leggermente più pesanti (si tratta di una vera e propria “power unit” e tra poco scopriremo perché) dovrebbero (il condizionale, ahinoi, è d’obbligo) rendere un po’ più pepate le competizioni. Perché? Oltre al Kers, che si è rivelato uno strumento utile fino ad un certo punto (poco, in realtà), dalla prossima stagione abbiamo anche l’Ers. Sotto questo acronimo (che sta per Energy Recovery System) si cela un complesso sistema che provvederà a recuperare sia l’energia cinetica in eccesso dalle ruote motrici, ovvero esattamente quel che fa il KERS oggi, e sia l’energia “termica” in eccesso portata dai gas di scarico alla girante della turbina, ovvero una sorta di HERS (dove H sta per “heat”, calore). Questa è la descrizione che si desume dall’articolo 1.24 del regolamento tecnico FIA 2014. Mentre il KERS resterà esattamente uguale a quello attualmente utilizzato nei principi di funzionamento (varierà soltanto la potenza che è in grado di erogare, passando dagli attuali 60 KW ai futuri 120 KW), l’HERS è totalmente nuovo e da scoprire. In realtà, volendo essere precisi, da regolamento non esisteranno né il KERS e né l’HERS, bensì esisterà solamente l’ERS composto da due sottoparti, il MGU-K (Motor Generator Unit – Kinetics) che recupera energia cinetica, ed il MGU-H (Motor Generator Unit – Heat) che recupera invece energia “termica”. Ma non finisce qui: come abbiamo capito dalla prossima stagione la fortuna sarà degli elettronici, e non degli aerodinamici (abbassamento quasi al livello del suolo dei musetti ne sono un esempio lampante: vedremo delle vetture stile formichiere, o aspirapolvere): la grandissima novità è il brake-by-wire. La FIA ha recentemente deciso di acconsentire alla richiesta presentata dai team di integrare sulle monoposto un sistema di gestione della frenata posteriore, proprio per garantire una potenza della frenata pressoché costante (e quindi modulabile) al pilota. Si tratta di una piccola rivoluzione perché si potranno sviluppare in proprio queste soluzioni, sganciandosi quindi dal controllo elettronico comune che si ha attualmente con la centralina MES. Non solo, è un primo passo verso la vera grande rivoluzione elettronica della Formula 1, quella attesa e preannunciata anche dalla Magneti Marelli che, attraverso alcuni dei suoi tecnici responsabili, ha ammesso di studiare e sperimentare già da tempo: la sostituzione di molti dei comandi elettroidraulici attualmente presenti sulle monoposto con comandi totalmente elettronici. Per comandi elettroidraulici si intendono, volgarmente, accelerazione, frenata e sterzata. Non scherziamo, se si apre il vaso di Pandora dell’elettronica è finita. Vedremo delle gare radiocomandate, come nei videogiochi. Non ci crediamo. Nel dettaglio del regolamento su altre questioni (gestione delle gomme, pit-stop, capienza del serbatoio ecc.) non ci soffermiamo, sono quisquilie. Ma lasciateci almeno i piloti. Per favore.

 

High Tech

Lo spunto dalla natura

 

di Flavio Grisoli

 

L’ultima frontiera della tecnologia automobilistica e la “gallina dalle uova d’oro” alla quale tutti vorranno, e dovranno, attingere nei prossimi anni è sicuramente rappresentata dai sistemi di auto-guida e anti-collisione automatica. La pioniera, lo sappiamo, è stata la Volvo. Poi, a cascata, tutte le altre si sono adeguate e nell’ultimo Salone dell’Auto di Francoforte tanti nuovi particolari sono stati aggiunti ad una già ricca collezione. Sappiamo anche che spesse volte però, nonostante la buona riuscita degli svedesi, le novità arrivano da dove sorge il sole. E anche questa volta un’intuizione “dagli occhi a mandorla” può rivelarsi vincente. Nissan infatti, sempre attenta e all’avanguardia, ha scelto api e pesci per studiare nuovi sistema di guida automatizzata e safety control. I contorni di questa scelta sicuramente singolare ce li spiega Toru Futami, capo della sezione ingegneri della divisione Ricerca e Tecnologie avanzate di Nissan: Mentre cercavamo di sviluppare sistemi anti-collisione avanzati per le auto di prossima generazione, ci siamo resi conto che le risposte che cerchiamo sono nella natura, e in particolare sott’acqua”. La squadra di ricercatori guidati da Futami ha così messo a punto sei robot, che hanno denominato EPORO (acronimo di EPisode 0 Robot). Queste macchine hanno una capacità visiva di 300° (come le api) e hanno dei sensori in grado di rilevare la propria posizione e quella dei propri “vicini”, con la possibilità quindi di spostarsi in fila senza toccarsi mai. Proprio come un banco di pesci. Sarebbe così possibile – estremizzando – eliminare ogni tipo di segnaletica orizzontale di precedenza, i semafori e addirittura aumentare il volume di traffico, senza dover necessariamente allargare le carreggiate. Questo perché i robot messi a punto da Nissan, quando si trovano ad un incrocio, decidono autonomamente quale deve passare per primo. Che dire, basta incidenti, e liti per un dare precedenza non rispettato, o per uno stop. Una volta messo a punto questo, manca solo l’ultimo step, almeno per noi italiani: il parcheggio. Di certo, il modello sarebbe da ricercare altrove. Api e pesci non hanno di questi problemi.

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Parlare facile e sicuro

 

di Flavio Grisoli

 

Con l’avvento degli smartphone la vita di tutti noi è sicuramente cambiata. In meglio, ovviamente. E anche il mercato dell’auto si è dovuto adeguare all’ingresso sul mercato di questo nuovo strumento, di cui ormai nessuno può più fare a meno. Così, con il passare degli anni e con il miglioramento delle tecnologie, sulle nostre automobili sono nate decine di soluzioni per avere le funzionalità degli smartphone anche durante i viaggi in macchina. I più utili, se vogliamo, anche in termini di sicurezza, sono i sistemi bluetooth in grado di gestire le telefonate. Seecode, leader del mercato nello sviluppo di soluzioni vivavoce per le automobili, ha introdotto sul mercato due sistemi innovativi: Vossor Phonebook e Seecode Wheel V2. Il primo, grazie a quattro fascette da applicare sullo specchietto retrovisore centrale, permette di trasformarlo in un sistema vivavoce. Il “pairing” (l’accoppiamento) con lo smartphone è semplice e intuitivo e anche l’utilizzo è semplicissimo: sfiorando un tasto sul frontale è possibile utilizzare il microfono e gli altoparlanti integrati per conversare in tutta sicurezza. Inoltre, la capiente memoria interna di bordo di questo sistema consente di trasportare via bluetooth fino a 600 numeri di telefono dalla rubrica del telefono. Il secondo sistema, Seecode Wheel V2 (diretto discendente di quello appena descritto) si applica sulla parte superiore o inferiore della corona del volante. In questo modo, a differenza del modello applicabile sullo specchietto retrovisore, è possibile gestire le telefonate senza mai staccare le mani dal volante, a tutto vantaggio della sicurezza. Wheel V2, che supporta sia la funzione vivavoce che l’auricolare, dispone di un display LCD retroilluminato su cui vengono visualizzati il livello di campo del cellulare e i numeri telefonici (anche su questo modello la memoria del sistema registra fino a 600 numeri). Questa soluzione è stata messa a dura prova anche per quanto riguarda la resistenza agli impatti (per evitare che si sganci in caso di urto): infatti è certificata TÜV. Entrambi i sistemi sono già sul mercato al prezzo di 149 Euro e sono compatibili con qualsiasi telefono cellulare dotato di tecnologia bluetooth.