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Pininfarina diventa indiana: ufficializzato l’acquisto da parte di Mahindra

 

 

 

 

 

di Federico Gianandrea de Angelis

 

Anche Pininfarina cambia proprietario e “lascia” l’Italia: la famosa azienda specializzata nel settore delle carrozzerie viene acquistata da Mahindra e diventa indiana. L’accordo era già stato stipulato lo scorso 14 dicembre ma l’acquisto è stato completato lo scorso 30 maggio e diventato quindi da poco effettivo, con Mahindra che ha acquisito il 76,06% da Pincar srl al prezzo di 1,10 euro per azione. Ora gli indiani promuoveranno, nei tempi previsti dalla normativa, un’offerta pubblica di acquisto totalitaria obbligatoria sulle azione ordinarie Pinifarina tramite la PF Holdings allo stesso prezzo di acquisto corrisposto in favore di Pincar. Gli investitori dovranno impegnarsi a pagare 20 milioni tramite un aumento di capitale di Pinifarina entro la fine del 2016. I membri del c.d.a di Pinifarina hanno rassegnato le dimissioni con efficacia dalla data dell’assemblea convocata per il prossimo 3 agosto, durante il quale verrà nominato il nuovo consiglio di amministrazione con Paolo Pininfarina e Silvio Angiori che manterranno comunque il loro ruolo di presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato.

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Mahindra Quanto C8: indiana tuttofare

 

 

 

 

 

 

 

di Valerio Verdone

 

Chi l’ha detto che non ci sono più le vere fuoristrada e che bisogna per forza rivolgersi al mercato dei SUV per avere una vettura polivalente? La Mahindra con la Quanto C8, rilancia sul piatto delle off-road, con un mezzo da lavoro che, volendo, può essere utilizzato anche nella vita di tutti i giorni. Chiaramente, la linea è funzionale alla sua destinazione, per cui la lunghezza inferiore a 4 metri, ruota di scorta esclusa, ed un’altezza di ben 1,90 metri, rendono le proporzioni a dir poco particolari. Sembra un SUV, in alcuni tratti stilistici, ma non lo è. Infatti, le pedane e la ruota di scorta posteriore sono elementi tipici di un fuoristrada piuttosto che di un’auto convenzionale. L’effetto spartano si ritrova all’interno, dove al posto di un grande schermo per l’infotainment e di indicatori futuristici per la strumentazione, ci sono dei comandi analogici. Inoltre, le plastiche sono fatte per durare piuttosto che per stupire, e la posizione di guida è altissima, per tenere tutto sotto controllo. C’è spazio abbondante per cinque persone e lasciando in piedi solamente le sedute anteriori, si hanno ben 1.650 litri di volume utile per caricare. Comunque, non manca una particolarità, come il telecomando della radio. Ma si tratta dell’unica concessione al lusso moderno, perché la leva del cambio alta, il pulsante per regolare la velocità nelle discese più ripide e quello per scegliere tra la trazione posteriore, quella integrale o l’integrale con le ridotte, ricordano subito la sua vera natura. Al volante si apprezza la spinta del 2.2 turbodiesel da 120 CV e 290 Nm di coppia, realizzato dall’azienda austriaca AVL, ma bisogna fare i conti con la leva del cambio dall’escursione elevata e con il volante che denota una certa lentezza sull’asfalto ed obbliga ad anticipare le traiettorie. Rollio e beccheggio sono evidenti, ma tenendo un’andatura turistica si percorrono 8,5 l/100 km. La situazione cambia sullo sterrato o in fuoristrada, dove la Mahindra supera con agilità piccoli corsi d’acqua, si arrampica sui pendii ed esce fuori dal fango senza fatica apparente. I mozzi ruota anteriori liberi ad inserimento automatico, il telaio separato dalla carrozzeria, e la presenza delle ridotte fanno realmente la differenza. Il prezzo della Mahindra Quanto C8 4WD è di 18.357 euro, ma include tutti gli accessori che rendono facile la vita anche nel fuoristrada più estremo. Non è il solito SUV, piuttosto rappresenta un mezzo da lavoro, un’auto senza fronzoli che può assolvere i compiti di un SUV sull’asfalto per poi superare ostacoli preclusi alle auto convenzionali quando si mettono le ruote oltre le strade comuni.

Pininfarina passa agli Indiani di Mahindra

Pininfarina: la storica azienda italiana ceduta agli indiani di Mahindra

 

di Delfina Maria D’Ambrosio

 

Troppi i debiti accumulati dalla famosa carrozzeria, un rosso in bilancio che non ha dato altra scelta se non quella di cedere alla corte del gruppo Mahindra. Un corteggiamento durato per più di due anni e che si è concluso, o meglio si concluderà entro il primo semestre del 2016, con un’operazione da 150 milioni di euro di cui 110milioni di garanzie sui debiti. La società indiana prenderà quindi il pacchetto di controllo della famiglia ma non è intenzionata a snaturalizzare l’azienda. Paolo Pininfarina resterà infatti presidente, il quartiere generale resterà in Italia, ma gli indiani controlleranno almeno il 76%. Secondo l’accordo, il cda si dimetterà al momento del closing, mentre l’indebitamento finanziario delle banche sarà ripagato dal 2017. Dalla Pincar fanno sapere che c’è grande soddisfazione per una soluzione che permetterà di continuare la tradizione italiana dell’azienda, senza alterarne il DNA. Dichiarazioni condivise dalla Mahindra che ha assicurato che farà crescere Pininfarina nel Belpaese.  In borsa, però, le impressioni non sembrano cariche di ottimismo, c’è stato anzi un pesante calo del 68,80%.

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Pininfarina: Pincar calma le acque

 

di Leonardo Frenquelli

 

“Esperienza, Creatività, innovazione”. Basta lo slogan per capire i principi che dal 1930 guidano Pininfarina, un emblema del successo Made In Italy per il mondo dei motori e del design che, tra le produzioni più recenti vanta la Ferrari 458 Italia e la Maserati Gran Turismo. Negli ultimi anni però, il marchio ha perso un po’ del suo appeal subendo una sensibile riduzione del numero di dipendenti e dell’indirizzo del proprio lavoro. È ormai da tempo che la produzione è limitata a vetture esclusive, di altissima qualità ovviamente, ma non più con la stessa portata degli anni ’90. Ultimamente la Pincar, holding che detiene il 76% delle azioni Pininfarina ha ricevuto numerose offerte da esterni per partecipare attivamente ad uno sviluppo del piano industriale o addirittura per acquisire il marchio, almeno in parte. L’ultimo nome è stato quello di Mahindra&Mahindra, uno dei principali produttori automobilistici indiani, che avrebbe manifestato il proprio interesse per l’acquisto di Pininfarina, decisamente non un buon segnale per il nostro mercato: significherebbe perdere un altro fiore all’occhiello, un’azienda che, sin dal 1930, rappresenta una delle eccellenze del tricolore nel suo settore. In una nota ufficiale però, Pincar ha reso noto un effettivo interesse degli indiani, negando però qualsiasi accordo per un’eventuale cessione dei titoli da essa detenuti. C’è da specificare inoltre, che i titoli di proprietà della holding sono attualmente oggetto di pegno di tredici istituti bancari dopo che nel 2008 supportarono l’operazione di ristrutturazione del debito e quindi, ogni singola decisione sulle azioni in questione, comporta necessariamente il consenso degli istituti creditori o pignoratizi. Come è ovvio, appena saranno effettuate azioni concrete nei confronti della Pininfarina, che sia una nuova partnership o una cessione delle quote Pincar, sarà la holding stessa a renderle immediatamente note. E mentre le voci girano, il mercato azionistico si muove rapidamente, con la società Pininfarina che ha visto una crescita dei propri titoli pari al 26,23%, soltanto basandosi sulle indiscrezioni ed il presunto interesse della Mahindra.

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Mahidra E20, la piccola elettrica da settemila euro

 

di Germana Condò

 

Sta per arrivare anche in Europa la citycar elettrica E20 prodotta dal colosso indiano Mahindra&Mahindra. La piccola vettura è sul mercato indiano dal marzo 2013 ed è nota per la sua maggior virtù: l’economicità. Infatti è cosa risaputa che le vetture elettriche che stanno cercando di ritagliarsi uno spazio sempre maggiore sul mercato, si scontrano con la realtà del costo elevato, oltre alle questioni legate all’autonomia delle batterie e alla possibilità di ricarica che ancora non convincono pienamente la clientela. La politica aziendale di Mahindra si propone con la E20 di superare il problema del costo legato all’elettrico, con una vettura che di listino nella sua versione d’ingresso costa circa 600mila rupie, ovvero poco più di 7mila euro, e nella versione più accessoriata può arrivare a 850mila rupie, cioè circa 10.200 euro. Mahindra E20 è una vera citycar, agile e pensata appositamente per gli spostamenti nel caotico traffico urbano, così come richiesto dal mercato indiano, ha una lunghezza di 3,2 metri e una larghezza di 1,51 metri, ha due porte ed è omologata per quattro persone. La versione base è equipaggiata con un propulsore alimentato con batterie agli ioni di litio da 14,8 kw, mentre l’allestimento premium prevede un propulsore da 19 kw. La E20 può raggiungere una velocità massima di ottanta km/h ed un’autonomia di cento chilometri. Le batterie si ricaricano in cinque ore. Per la fine del 2014 nel progetto di Mahindra c’è l’introduzione sul mercato europeo della piccola elettrica. Si parte dai due mercati, quello del Regno Unito e quello Norvegese, che maggiormente incentivano l’elettrico, attraverso veri e propri contributi statali all’acquisto, oltre alla previsione di sgravi fiscali che possono arrivare fino a 6mila euro l’anno. Per adeguarsi alle normative europee Mahindra dovrà lavorare su nuove componenti della dotazione di E20, come il servosterzo, gli airbag, l’Abs e delle migliori batterie. Ciò che potrebbe frenare la clientela europea è la diffidenza verso il marchio indiano, oltre alla linea approssimativa e poco curata della carrozzeria, a renderla competitiva il prezzo, considerevolmente basso rispetto agli standard europei per una vettura elettrica. Per avere conferma di questo dato, bisognerà attendere il listino della E20 realizzata per il vecchio continente.