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Dieselgate: scoppia un nuovo caso, nel mirino FCA

 

 

 

 

 

di Federico Gianandrea de Angelis

 

Dopo Volkswagen anche FCA rischia di essere risucchiata dal ciclone Dieselgate,  accuse analoghe a quelle lanciate verso il marchio tedesco sono ora state mosse nei confronti del gruppo italo americano da parte dell’Epa, agenzia statunitense per la protezione ambientale. Dalla nota emessa dalla stessa Epa, FCA avrebbe inserito nei 104 000 veicoli diesel venduti negli USA un software in grado di modificare i livelli di emissioni, abbassandoli e rendendoli quindi regolari; a seguito delle indagini, la società interessata alla salvaguardia dell’ambiente ha emesso un avviso per “presunte violazioni del Clean Air Act” al gruppo capitanato da Sergio Marchionne. Lo stesso amministratore delegato ha immediatamente provveduto a rispondere alle accuse, precisando prima in una conferenza che: ” Fra questa vicenda e quella di Volkswagen non c’è nulla in comune, con l’Epa dialoghiamo da più di un anno. Per quanto conosco questa società, posso dire che nessuno è così stupido da cercare di montare un software illegale – continua l’a.d. -. Ed è curioso e “spiacevole” che l’Agenzia per la Protezione ambientale americana abbia deciso di affrontare il caso FCA così pubblicamente. Non c’è mai stata nessuna intenzione di installare software illegali. Abbiamo effettuato tutte le comunicazioni sui software. La coscienza della nostra società è pulita perchè non abbiamo rinvenuto alcuna indicazione di tentativi di frode da parte “dei nostri”. Questo software non cerca nulla, funziona solo”.  Ma solo dopo l’investitura di Trump e la nomina della nuova amministrazione il caso andrà avanti, e a tal proposito Marchionne ha dichiarato: È difficile prevedere come andranno le trattative con la nuova amministrazione. Ci metteremo seduti con loro e cercheremo di risolvere (riferendosi alla prossima investitura di Donald Trump e alla volontà di presentare alla prossima amministrazione il proprio caso per difendersi da ogni accusa ndr). E comunque FCA sopravviverà anche nel caso della multa più pesante». I modelli coinvolti sono le Jeep Grand Cherokee e i camion Dodge Ram 1500 con motori diesel 3.0 del 2014, 2015 o 2016, i quali avrebbero un software non dichiarato che evidenzia livelli di emissioni inferiori a quelli reali; proprio per questo l’Epa, nella sua notifica dell’atto di violazione, ha specificato: “Non comunicare l’esistenza di un software che influisce sulle emissioni di un’auto è una seria violazione delle legge. Tutti devono giocare secondo le stesse regole. E ancora una volta una casa automobilistica ha assunto una decisione per schivare le regole ed stata scoperta». Ma qualcosa non quadra, con l’avvento di Trump il nuovo amministratore dell’Epa sarà Scott Pruitt, fermo sostenitore della non colpevolezza dell’uomo riguardo i cambiamenti climatici, ed inoltre la nuova accusa ad FCA arriva proprio pochi giorni dopo la chiusura del caso Volkswagen con una condanna per i tedeschi pari a 4,3 miliardi di dollari; come se l’amministrazione con il mandato in scadenza volesse portare a termine il proprio lavoro in fretta per non entrare nel merito di nuove indagini e lasciare tutto ai successori. Per non parlare delle conseguenze in borsa che sta avendo ed avrà il gruppo italo-americano, un mix di elementi che ha portato Marchionne a pronunciare dure parole: «Spero che non sia una conseguenza di una guerra politica fra l’amministrazione uscente e quella entrante. Resta il fatto che quello dell’Agenzia per la Protezione Ambientale è il comportamento di un’agenzia che perderà efficacia».

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Auto elettriche: stazioni di ricarica domestica in tutte le nuove case

 

di Federico Gianandrea de Angelis

 

Il mondo dell’automotive si muove sempre più, anche se con i suoi tempi, verso la mobilità elettrica, e di pari passo le istituzioni stanno iniziando giustamente ad adeguarsi. Oggi le stazioni di ricarica elettrica non sono sempre così accessibili, soprattutto se guardiamo all’interno del nostro “Belpaese”, e risulta di gran lunga più facile (quanto dispendioso in termini economici) installare un impianto all’interno della propria abitazione o comunque del proprio box auto. A breve, almeno secondo quanto riportato dal Guardian, le case nuove e quelle ristrutturate all’interno del territorio europeo dovranno avere un punto di ricarica per auto elettriche. Rientra nel progetto della direttiva UE che dovrebbe esser pubblicata prima della fine dell’anno, con entrata in vigore già nel 2019 e previsione di avere entro il 2023 una presa con ricarica in almeno il 10% dei posti auto appartenenti ad edifici di nuova costruzione. Il progetto prende spunto dalle politiche già messe in atto da Olanda e Norvegia, Stati precursori della mobilità elettrica, che hanno tra i loro obiettivi l’eliminazione di tutti i veicoli diesel in circolazione nel giro di una decina di anni. Lo scopo di queste misure è quello di arrivare al punto in cui i veicoli di nuova concezione possano immettere elettricità nella rete nazionale da utilizzare per sopperire ad eventuali carenze di energia derivante da fonti rinnovabili. Parliamo di un processo che non si concretizzerà nel prossimo futuro, ma già sentirne parlare sembra un buon inizio. Di contro però, un problema che si potrebbe palesare conseguentemente all’espandersi delle EV: se ora si cerca di ridurre le emissioni generate dai motori termici, le auto elettriche porterebbero ad un aumento di emissioni di SO2 (biossido di zolfo). Secondo l’Agenzia europea per l’ambiente nel 2050 i livelli di SO2 arriverebbero ad essere di cinque volte superiori a quelli attuali, considerando però ancora la presenza delle centrali a carbone; per combattere questo “nuovo fenomeno”, bisognerebbe quindi far avanzare lo sviluppo della mobilità elettrica in contemporanea con quello delle energie rinnovabili.

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PSA: conformità dei veicoli testati

 

 

 

 

 

 

 

 

di Delfina Maria D’Ambrosio

 

Tiene banco, e non potrebbe essere altrimenti, la questione legata ai sospetti sulle emissioni truccate. Dopo lo scandalo Volkswagen, nei giorni scorsi ci sono state perquisizioni anche in casa Renault, con lo scopo di chiarire la presenza o meno di un software con il quale sarebbe possibile manipolare i dati. La notizia ha avuto forti ripercussioni anche in borsa, dove il titolo del gruppo francese è crollato, ma ha anche scosso il mondo automobilistico. Il gruppo PSA Peugeot Citroën ha diramato una nota stampa per comunicare a tutti l’esito dei test della commissione tecnica che non hanno evidenziato nessuna anomalia:

I risultati dei test realizzati dalla commissione tecnica presieduta dal ministro dell’ecologia, Signora Sègolène Royal, ci sono stati comunicati e attestano l’assenza di qualsiasi anomalia sui veicoli PSA Peugeot Citroën. Questi test effettuati dall’UTAC avevano l’obiettivo di verificare la conformità dei veicoli in materia di emissioni di inquinanti. I risultati dimostrano la pertinenza delle scelte tecnologiche di PSA Peugeot Citroën in materia di trattamento delle emissioni inquinanti. Questi primi risultati confermano, peraltro, l’efficacia del sistema di post-trattamento ‹‹BlueHDi›› composto dalla Selective Catalytic Reduction (SCR) posizionata a monte del filtro antiparticolato (FAP), che permette di trattare gli ossidi di azoto (NOx) emessi dai motori diesel. Questa tecnologia è impiegata dal 2013 su tutti i veicoli diesel Euro6 del Gruppo. PSA Peugeot Citroën informa di non essere stata oggetto di perquisizioni da parte della DGCCRF

 

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Scandalo Emissioni: per Volkswagen tempo fino al 7 ottobre per liberarsi del software

 

di Delfina Maria D’Ambrosio

 

Volkswagen potrebbe essere solo la prima casa in ordine cronologico ad essere stata coinvolta in quello che sembra essere un vero e propri caso  che sta scuotendo il mondo del mercato automobilistico. Adesso, infatti, anche la Bmw è entrata nel mirino, finendo sotto inchiesta della National Highway Traffic Satefy Administration, che sta indagando su Mini per i ritardi relativi alla risoluzione dei problemi delle auto che non hanno superato i crash test, precisamente 30.000 Mini Cooper e Cooper S. Tornando alla Volkswagen è stata aperta un’indagine sull’ex Ceo Martin Winterkorn, mentre le azioni continuano a crollare arrivando al -8%. Inoltre sembra siano stati sospesi i responsabili della ricerca e sviluppo di Audi, Porsche e della casa madre. Da Volkswagen comunque fanno sapere che le indagini continueranno e che saranno eliminati tutti i trucchi utilizzati per falsare i test sulle emissioni. Sempre tramite indiscrezioni sembra che in passato ci siano stati diversi avvenimenti, dal produttore di componenti Bosch che avrebbe, nel 2007, avvisato il marchio dell’irregolarità del software ai tempi più recenti quando un tecnico denuncio le irregolarità. Ma senza effetti. Entro il 7 ottobre, comunque, il software dovrà sparire dalle vetture del marchio  pena il ritiro del permesso di circolazione e di vendita, In Italia le vendite sono comunque stato bloccate, in Germania, invece, si fa avanti l’idea di una class action dei consumatori.

 

 

 

 

 

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Scandalo Volkswagen: maxifrode sulle emissioni ambientali

 

della Redazione

 

Scandalo in casa Volkswagen. Secondo un’inchiesta delle autorità americane dell’Environmental Protection Agenc il gruppo tedesco avrebbe manipolato, grazie a un software, i dati relativi alle emissioni delle proprie motorizzazioni diesel, con dichiarazioni forvianti, in alcuni casi anche inferiori di 40 volte a quelle reali. Le auto finite nel mirino sarebbero Jetta, Passat, Beetle, Golf e Audi A3, e nelle ultime ore è stata la stessa Volkswagen ad ammettere, in via ufficiale, che i problemi relativi alle discrepanze delle motorizzazioni diesel riguardano un totale di 11 milioni di vetture in tutto il mondo (e quindi  non soltanto nel mercato americano) più del totale delle auto che la stessa Volkswagen ha venduto lo scorso anno (circa 10 milioni) e più delle macchine immatricolate in tutta Europa nei primi otto mesi del 2015. Per il colosso tedesco, che proprio nell’ultimo anno aveva superato Toyota nella classifica dei costruttori con maggior numero di vendite al mondo, si prospetta una multa molto salata (forse 18 miliardi). Ma il peggio, come spesso succede, deve ancora venire, visto che all’orizzonte si concretizza il serio rischio di un pesante calo delle vendite dovuto alla poca affidabilità dimostrata. Non indifferente a quello che ormai molti definiscono come il “diesel-gate” anche la borsa, con cali considerevoli non solo per il marchio di Wolfsburg (-16,8 %) ma anche per altri, importanti, gruppi automobilistici internazionali. Ultimo, ma non ultimo per importanza, quanto dichiarato dal il capo dell’istituto economico tedesco Diw Marcel Fratzscher alla Bild, secondo cui “Il danno all’immagine di Vw avrà gravi costi non solo sul mercato americano, ma anche a livello globale, e con questo saranno messi a rischio posti di lavoro e molti subfornitori in Germania”. Nel frattempo il governo tedesco, attraverso il ministro dei trasporti Dobrindt, ha creato una commissione d’inchiesta, e la stessa cancelliera Angela Merkel ha detto di auspicarsi che “i fatti siano messi sul tavolo il più velocemente possibile”. Anche il goverono italiano resta vigile ed aspettano chiarimenti da parte dei vertici di VW italia, considerando che solo nei primi sei mesi del 2015 nel nostro paese sono state vendute più di 114mila auto del produttore tedesco.

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A Roma arrivano i taxi 100% elettrici


 

di Delfina Maria D’Ambrosio

 

L’inquinamento è sicuramente uno dei mali della società moderna. Si parla sempre di più di tutela dell’ambiente, ma non sono poche le difficoltà che si incontrano visto le abitudini di vita spesso nocive, specialmente nelle metropoli. Eppure proprio da Roma sta partendo però un esperimento per ottenere taxi, di cui la città eterna è piena, 100% elettrici. Un’idea che nasce dalla partnership tra Nissan Italia e Unione Radiotaxi D’Italia che ha l’obiettivo di dar vita a due taxi, Nissan Leaf  della Coperativa 3670 e il furgone Nissan NV40, studiati per il rispetto dell’ambiente. Inoltre, le vetture elettriche potranno contare su una colonnina di ricarica rapida installata presso il centro hub della Compagnia di taxi all’aeroporto di Fiumicino che permetterà di ricaricare l’auto in meno di mezz’ora dell’80%. Una soluzione quinti tutta green che non solo riuscirà a ridurre le emissioni, ma offrirà anche un netto risparmio ai tassisti, un’idea che presto metterà radici anche in città come Milano e Firenze