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Toyota Aygo: la prova

 

di Filippo Gherardi

 

Dopo Citroen C1 e Peugeot 108, la redazione di Professione Motori ha provato anche l’ultima delle tre nuove “cugine” del segmento delle citycar: la Toyota Aygo. La differenza sostanziale rispetto alle prime due è essenzialmente di natura estetica, e più nel dettaglio nell’enorme X che domina il muso e che nella versione che abbiamo avuto in prova, la x-play 5 porte, era su piano black, tanto quanto l’inserto centrale del paraurti posteriore. Rimanendo sempre sull’esterno le maniglie e i retrovisori esterni in tinta con la carrozzeria, con i secondi regolabili elettricamente e riscaldati. Altre caratteristiche riscontrabili già a prima vista sono: cerchi in acciaio da 15 pollici, luci diurne a Led e mini spoiler posteriore che ne accentua lo spirito dinamico. Per quel che concerne invece le dimensioni, la lunghezza è leggermente inferiore ai 3,5m, la larghezza è di 1,6m e l’altezza 1,4 m. Passando agli interni, il volante è in pelle con inserti, sempre nella versione x-play, neri, è regolabile in altezza e nei modelli con cambio automatico (come il nostro ndr) sono presenti anche le palette per cambiare le marce. I sedili sono ricamati in tessuto Dark grey, sobrio ma al tempo stesso adatto ad una vettura che si prefissa un target di riferimento perlopiù giovanile. La seduta del conducente è regolabile, manualmente, in altezza, le altre rimangono comode ed anche piuttosto avvolgenti, premesso ciò stiamo parlando, come detto anche in apertura, di una macchina che riassume in pieno l’essenza della citycar e che predilige, pertanto, brevi spostamenti a viaggi lunghi. A conferma di quest’ultima considerazione non solo sedute posteriori piuttosto strette, in particolar modo per quel che concerne lo spazio per le gambe, ma anche un portabagagli che non supera i 168l di capacità. Il climatizzatore è automatico, il contagiri grande e ben visibile indipendentemente dall’inclinazione che si da al proprio sedile di guida, la componente tecnologica della nuova Aygo, al pari delle sue sorelle, è totalmente riassumibile nel schermo touchscreen da 7″ con funzione MirrorLink che permette di collegare alla vettura, in estrema facilità, il proprio smartphone e che domina la plancia. La retrocamera di serie. Sul fronte sicurezza, la nuova Aygo è equipaggiata, tra le altre, di Abs, ripartitore elettronico della frenata, controllo elettronico della stabilità e della trazione, sei airbag complessivi (2 frontali, 2 laterali e 2 a tendina) ed Hill assist per le partenze in salita. Il motore è un 3 cilindri 1.0 benzina, capace di consegnare comunque buone sensazioni soprattutto in termini di ripresa, il cambio della versione che abbiamo provato era automatico, ma rimane disponibile anche il manuale a cinque rapporti, la trazione è anteriore ed il diametro di sterzata è di 10,2 metri. La velocità massima è di 160 km/h, l’accelerazione da 0-100 è in 15,5 secondi.

Il team Ferrari alo Motor Show di Bologna del 2011

Motori (e dolori) all’italiana

 

di Filippo Gherardi

 

Italia paese di santi, poeti e…motori. Eppure sembrano lontani i tempi in cui il made in italy spopolava, quasi dominava, la scena internazionale automobilistica. Negli ultimi anni anche la “componente” motoristica, assieme ad altre (purtroppo), nel nostro paese sta vivendo un momento di effettiva flessione. Fiat che diventa FCA e che sparge le sue attività in giro per il mondo è una storia già affrontata a tempo debito, quelle più attuali, almeno in termini squisitamente temporali, riguardano Ferrari e Motor Show. Nella settimana in cui Lewis Hamilton suggella una stagione dominata dai colori e dai piloti Mercedes in Formula 1, la casa di Maranello ha incassato l’ennesima rivoluzione di un’annata deludente, difficile e davvero molto poco leggibile dall’esterno. Alonso lascia dopo 5 anni, qualche vittoria, tanti podi ma soprattutto zero titoli in bacheca. Vettel arriva e dichiara che almeno per il momento quelli lì (vedi Mercedes sopraccitata ndr) rimangono oggettivamente inarrivabili, che la strada da percorrere è lunga e non soltanto da un punto di vista chilometrico. Ma soprattutto, arriva l’ennesimo avvicendamento ad un muretto dove ad inizio campionato c’era Stefano Domenicali (ora ufficialmente passato nella dimensione Audi), dove poi è arrivato Marco Mattiacci e dove ora, con l’annuncio ufficiale appena subito dopo l’ultima bandiera a scacchi di Abu Dhabi, siederà Maurizio Arrivabene. Se a tutto ciò sommiamo anche il non proprio trascurabile avvicendamento alla presidenza, dopo 23 anni di successi, tra Luca Cordero di Montezemolo e Sergio Marchionne beh, allora, la situazione e la stagione appena conclusa sembrano ancor più complesse e confuse fuori che dentro la pista. Secondo tema in copertina, anche e doverosamente su quella del nuovo numero di Professione Motori, il Motor Show di Bologna. Fino a qualche anno fa il vero, ed unico, Salone automobilistico italiano degno di una S maiuscola. Quest’anno, questa settimana e per le due che verranno, riapre i battenti dopo un anno di assenza e al tempo stesso di imbarazzanti interrogativi. Le adesioni da parte dei brand automobilistici sono state tutto fuorché plebiscitarie, ma d’altronde un anno di latitanza ed un mercato italiano ancora in difficoltà finirebbero, inesorabili, con lo scoraggiare chiunque. Tuttavia il Motor Show riparte, sperando che pubblico ed appassionati riescano a colmare qualche vuoto di troppo, con l’auspicio, da parte degli organizzatori ma in generale un po’ di tutti, che dai Padiglioni del Bologna Fiere si possa ripartire verso orizzonti ben più sereni per ritornare ad essere un paese di santi, poeti e soprattutto di motori.

smart

Nuova Smart Fortwo

 

a cura di Delfina Maria D’Ambrosio

Intervista di Filippo Gherardi

L’ultimo mese, per gli appassionati del mondo dei motori, è stato caratterizzato anche e soprattutto dal grande interesse ed entusiasmo per l’uscita della Smart Fortwo e della Smart Fourfor, le nuove edizioni delle citycar di casa Mercedes. Dopo aver incuriosito tutti con l’installazione di misteriosi palloni nelle maggiori città italiane dai quali, il 7 novembre, sono state svelate proprio le nuove Smart, l’11 novembre la Fortwo è stata presentata ufficialmente alla stampa nel cuore di Roma. Noi di Professione Motori non potevamo mancare, e dopo averla provata su strada ci siamo fatti raccontare le sue principali innovazioni da Eugenio Blasetti, Responsabile Prodotto Mercedes Benz Italia:

“La nuova Smart cambia radicalmente, ma una cosa rimane esattamente identica: le dimensioni. È lunga sempre 2,69 metri e questo significa che tutti i nostri clienti possono continuare a parcheggiare esattamente come sono abituati, ma cambia la larghezza, maggiore di dieci centimetri. Questo significa non solo che la macchina è più larga e più spaziosa ma anche molto più stabile e ciò ci ha consentito di montare degli ammortizzatori molto più confortevoli che rendono la Nuova Smart perfetta per le strade dissestate delle nostre città”.

Abbiamo avuto modo di provare l’auto proprio sulle strade dissestate di Roma e ciò che ne è emerso è soprattutto un’enorme maneggevolezza migliorata anche rispetto ai modelli precedenti

“Questo è stato possibile grazie al raggio di sterzata record che hanno sia la Smart Fortwo che la nuova sorella maggiore Smart Forfour  quattro porte, la prima in meno di 7 metri ma questo non rende bene l’idea di quelle che sono le potenzialità. Questa macchina si districa nel traffico e gira praticamente su se stessa come se avesse davanti quasi una monoruota”.

Abbiamo potuto provare una vettura con cambio manuale, ma sappiamo che a marzo arriverà anche con il cambio automatico

“I nostri ingegneri hanno ascoltato quello che chiedevano i clienti di Smart: ovvero un cambio automatico più veloce. Li abbiamo accontentati perché il nuovo cambio sarà automatico doppia frizione a sei marce velocissimo, le marce potranno essere cambiate in maniera quasi istantanea. Costerà circa 1000 euro in più che è una cifra molto ridotta per uno strumento che vanta queste caratteristiche. Un’altra innovazione è l’introduzione di un cambio manuale perfetto per l’uso cittadino, visto che sarà possibile inserire la prima in movimento senza nessuna grattata, questo cambio, inoltre, è perfetto per una delle edizioni di Smart ovvero per la Sport Edition One che è una sorta di piccola BRABUS con la quale il cambio meccanico manuale è la sublimazione perfetta perché si riesce in un misto stretto a fare la doppietta e a divertirsi davvero molto”.

Novità importanti anche per quello che riguarda il design esterno che presenta un frontale molto più muscolare e nuovi gruppi ottici ingranditi nel posteriore

“In Smart la forma è funzione, ogni caratteristica serve a qualcosa. Oggi Smart nella sua parte anteriore è molto più sicura e rispettosa dei pedoni e il design è anche figlio dell’angolo di sterzata”.

Punto fermo di Smart resta la calotta Tridion che è sinonimo ormai consolidato di sicurezza da generazioni per la vostra city car

“È un elemento cruciale di Smart che è l’automobile più sicura in assoluto sul mercato di queste dimensioni. La cellula Tridion è una sorta di gabbia estremamente rigida che serve a proteggere gli occupanti ed è in grado di farlo anche in caso di urti con macchine molto più grandi. Noi abbiamo fatto un test con la nostra Mercedes Classe S contro la piccola Smart, quindi Davide contro Golia e in uno scontro a 50 Km/h, quindi i 50 della Smart e i 50 della Mercedes per un totale complessivo di 100 Km/h, quella che ha avuto la peggio è stata la Classe S. Addirittura, le porte della Smart si aprivano perfettamente dopo un urto con un tale gigante e il tasso di decelerazione che hanno subito i manichini all’interno della macchina era assolutamente all’interno delle soglie di sopravvivenza”.

Passando ai motori, questa è una macchina che consuma pochissimo, abbiamo letto in alcune stime che avete diffuso che arriva fino a 30Km/l

“Aggiungo che è possibile fare anche di più con le Smart, saranno inoltre disponibili tre motori: 70CV benzina 3 cilindri al lancio, a dicembre arriverà anche la versione 90CV  turbocompressa e poi a marzo la variante per i neopatentati da 60CV”.

In chiusura non possiamo non strapparle due battute anche sulla location che ha ospitato questa anteprima Smart

“Siamo nel cuore  di Roma, a San Lorenzo, un quartiere storico e precisamente nelle vecchie dogane. Si tratta di una zona che è stata utilizzata come una sorta di museo, ci sono degli artisti che ogni anno realizzano le loro opere e si è creata un’atmosfera molto partcolare, molto giovane, molto moderna: perfetta per Smart”.

Sara Safe Factor

Sara Safe Factor

 

di Filippo Gherardi

Sara Safe Factor: formula che vince non si cambia. E per formula vincente, in questo caso, ci riferiamo alla sicurezza stradale spiegata da chi della velocità e della passione per la guida ne ha fatto una ragione di vita, a chi, i giovani delle scuole superiori, rappresenta il futuro del nostro paese. La nostra redazione di Professione Motori è tornata in platea (o nei banchi di scuola se preferite ndr) in occasione della tappa romana che si è tenuta lo scorso 13 Novembre al Liceo Eugenio Montale di Roma. Un’iniziativa organizzata e promossa dall’ACI in collaborazione con la Sara Assicurazioni e rivolta, come detto qualche rigo più su, ad un pubblico di giovanissimi studenti. Un incontro che ha permesso di capire quelli che sono i rischi che una guida spregiudicata ed un’interpretazione errata dei codici stradali possono comportare. Una crociata a cui tutti ci sentiamo in dovere di partecipare, e che ACI e Sara Assicurazioni stanno riuscendo a diffondere in modo capillare ed intelligente lungo il loro itinerante viaggio nelle scuole di tutta Italia. In supporto alle parole, come spesso succede, arrivano anche i numeri, e nello specifico quelli riportati ufficialmente dall’Istat che certificano quanto le vittime per incidenti stradali in Italia continuino a diminuire ogni anno sempre di più, con il nostro paese che si stanzia al quattordicesimo posto in Europa in questa classifica tutt’altro che invidiabile. Entrando più nel dettaglio, nel 2013 sono stati in tutto 181.227 mila gli incidenti riscontrati sulle strade italiane, con un calo del 3,7% rispetto all’anno precedente. Calo del 9,8%, sempre rispetto al 2012, si certifica anche per quel che concerne le vittime della strada, e se si allarga l’analisi statistica al periodo compreso tra il 2001 ed il 2013 il calo, in Italia, di vittime stradali è addirittura del 52 %. Numeri incoraggianti, ma si deve e si può continuare a migliorare, come piace ripetere a Rosario Giordano, responsabile Ufficio Stampa ACI Sport e brillante moderatore della giornata, oltre che ad Andrea Montermini, uno che nella vita ha corso e vinto un po’ ovunque (compresa la Formula 1), il primo, il più efficace e forse anche il migliore testimonial del concetto che sta alla base dell’intera attività del Sara Safe Factor: In strada e in pista vincono le regole.

Lexus IS 300h

Lexus IS 300h: la prova

 

di Filippo Gherardi

 

Si scrive Lexus IS 300h, ma si legge tecnologia e confort combinati in un’unica vettura. La nostra redazione nelle scorse settimane ha avuto modo di provare la berlina del brand di lusso di casa Toyota, e l’impressione che abbiamo avuto è quella di un’automobile tanto bella quanto accogliente e piacevole da guidare. Lunga 4,6 metri, larga 1,8 m ed alta appena 1,4 m, da un punto di vista tecnico la Lexus IS 300h abbina un motore 2.5 benzina 4 cilindri ad un’unità elettrica, per una potenza complessiva di 223 CV. La trazione è posteriore, il cambio automatico CVT a variazione continua e si può scegliere tra tre diverse modalità di guida: Eco, Sport e Normal. La velocità massima è di 200 km/h, mentre l’accelerazione da 0 a 100 è stimata in 8,3 secondi. Prestazioni ma anche manegevolezza: la Lexus IS 300h vanta un raggio di sterzata di 5,2 metri. Sempre in termini di misure, anche il bagagliaio fa registrare numeri importanti per una berlina di questo segmento, con una capacità di carico complessiva di 450 litri. Da un punto di vista estetico, la Lexus IS 300h si fa notare per un design elegante e sinuoso, con griglia frontale nera e gruppi ottici al LED dalle forme allungate ed accattivanti. I cerchi sono in lega da 18″. Spostandoci all’interno troviamo sedili rivestiti in pelle, con gli anteriori riscaldabili e regolabili elettricamente (un’esclusiva della versione Luxury, quella provata dalla nostra redazione ndr). Elettricamente regolabili anche il volante con comandi integrati, oltre che tergicristalli anteriori e posteriori. Avviamento con pulsante, lo stesso che una volta arrivati a destinazione basta tenere premuto per spegnere l’automobile e per ritirare volante e sedile anteriore così da aumentarne la distanza e favorire l’uscita del conducente dall’abitacolo, dopodiché, una volta che si rientra in macchina, basta premere sempre il pulsante di avviamento per far si che tanto volante quanto seduta di guida ritornino esattamente nell’ultima posizione adottata. La tecnologia di bordo è in gran parte riassumibile nello schermo touchscreen da 7″ posto al centro della plancia e facilmente utilizzabile anche attraverso un comodo mouse collocato nel tunnel centrale, subito sotto i comandi, in questo caso analogici, che regolano l’aria condizionata bizona. Computer di bordo intuitivo, a colori e da 4,2″ incastonato nel quadro strumenti, mentre l’orologio, al centro della plancia, è analogico ma con inserti al LED. Nella versione Luxury l’impianto audio è un Mark Levinson distribuito con la bellezza di 15 altoparlanti. Tettino scorrevole ed azionabile tanto in verticale quanto in orizzontale. Chiusura doverosamente dedicata alla sicurezza, la Lexus IS Hyrid presenta, tra le altre e di serie, ABS, distribuzione elettronica della forza frenante e sistema di assistenza alla frenata, controllo elettronico della trazione e della stabilità, airbag anteriori, laterali e per la ginocchia, oltre che la modalità di guida EV. I prezzi variano dai 30.282 euro (IVA esclusa) della versione standard ed arrivano fino ai 50.400 chiavi in mano della versione Luxury.

Smart

Nuova Smart Fortwo: la prova

 

di Filippo Gherardi

 

La Smart Fortwo cambia forma ma non l’essenza. La nuova versione della citycar simbolo, indiscusso e numeri alla mano, dell’ultima generazione rimane legata a filo doppio con i modelli che l’hanno preceduta per quel che concerne lunghezza (2,69 m), trazione e motore rigorosamente posteriori, cellula Tridion sinonimo di sicurezza per l’intero abitacolo e praticità tra le strade cittadine. Tuttavia non mancano le novità, alcune anche particolarmente considerevoli. Cominciamo con gli ammortizzatori più morbidi, ideali per le superfici irregolari dell’asfalto cittadino, proseguiamo con un volante ancora più maneggevole che accompagna un diametro di sterzata, record, di 6,95 metri. In termini estetici, la nuova Smart Fortwo aumenta, nei limiti del possibile, la propria muscolosità, presentando un nuovo frontale arricchito da un cofano più robusto ed orizzontale oltre che da nuovi gruppi ottici rivisitati ed ingranditi, nelle forme, tanto all’anteriore quanto al posteriore. All’interno si avvertono da subito i 10 cm di larghezza in più rispetto della nuova Smart Fortwo rispetto ai modelli precedenti, i sedili si presentano più larghi e di conseguenza ancor più comodi, quello del passeggero, inoltre, diventa reclinabile raggiungendo un’estensione massima, e una conseguente capacità di carico, di 170cm. Dal monitor touchscreen 7” collocato al centro della plancia si accede a tutte le principali funzioni, a cominciare da stereo, telefono e navigatore, dal volante, attraverso dei semplici comandi, si può invece gestire il computer di bordo con display a colori da 3,5″ posto al centro del quadro strumenti. Nuovi bocchettoni per l’aria, tetto panoramico, cerchi in lega ed un bagagliaio che per capienza ricorda quello delle versioni antecedenti ma migliorato, notevolmente, per praticità di apertura con un’unica leva posta al centro del portellone. Da un punto di vista tecnico, la novità più considerevole è senza dubbio quella legata al cambio manuale, con la prima azionabile in movimento, a cui a partire da marzo verrà affiancato però il consueto cambio automatico. Due motori differenti, uno da 70 e l’altro da 90 CV, entrambi a benzina ed entrambi a 3 cilindri. Cinque, al contrario, le versioni disponibili: youngster, sport edition 1, passion, proxy e prime, con il modello d’ingresso (youngster) ben più equipaggiato rispetto a quanto non succedeva con le precedenti versioni. La nostra redazione ha avuto modo di provare, lungo le strade del centro di Roma, la versione Passion, con sedili ed interni in tessuto black-orange, volante e pomello del cambio (manuale) in pelle e cerchi in lega da 15”. I prezzi, IVA inclusa, partono dai 12.000 euro ed arrivano fino ai 15.500.

Verso

Toyota Verso 1.6D: la prova

 

di Filippo Gherardi

 

Comodità a consumi ridottissimi. La Toyota Verso 1.6D si presenta innanzitutto con questo incoraggiante biglietto da visita. Monovolume compatta, dalle misure contenute se teniamo conto delle altre vetture del medesimo segmento (la lunghezza si attesta sui 4.46m), design sobrio ma al tempo stesso elegante nella sua essenzialità, come è tradizione ormai consolidata dei modelli di casa Toyota. Il vero fiore all’occhiello di questa nuova Verso rimane, però, sicuramente il motore diesel 1.6 D-4D, sviluppato in collaborazione con BMW. Rispetto alla precedente versione 2.0 è stato ridotto il peso ed anche la potenza (si è passati dai 124 ai 112 CV), ma sono calati anche e soprattutto i consumi, il che naturalmente rimane un fattore considerevole per una vettura, come questa, adattissima per viaggi a lunga percorrenza. Il cambio è un manuale a sei rapporti, collocato in posizione rialzata per favorire ulteriormente il piacere di guida, la retrocamera è di serie. Una macchina che si guida comodamente ma una macchina che si guida anche in totale silenzio visto che all’interno dell’abitacolo, grazie non ultimo al sistema Start&Stop di ultima generazione, fruscii e rumori vengono ridotti davvero al minimo. Spostandoci proprio all’interno, un altro fattore che balza immediatamente all’occhio è la luminosità soprattutto per quel che concerne i posti anteriori, oltre alla solita buona dose di tecnologia garantita dal sistema Toyota Touch di seconda generazione, con interfaccia touchscreen full color e con uno schermo da 6 pollici attraverso il quale si possono gestire ed attivare, in maniera semplice ed intuitiva, tutte le principali funzioni multimediali dell’auto tra cui telefono, bluethooth, navigatore e stereo. Subito sotto lo schermo da 6” comandi analogici, di forma circolare, per attivare e regolare la climatizzazione bizona. Tra i due sedili anteriori comodo bracciolo che nasconde, sollevandolo semplicemente dalla parte anteriore, un capiente ripiano portaoggetti che rappresenta soltanto uno dei tanti vani in cui riporre oggetti o documenti all’interno di questa macchina e tra cui si segnalano, naturalmente, anche il cassetto porta oggetti, un ripiano apribile a pressione e collocato nel blocco delle luci interne, delle vaschette di di forma circolare e di capienza ridotta incastonate nel tunnel centrale, ed infine le vasche laterali incorporate nelle porte tanto anteriori quanto posteriori. Rimanendo sempre all’interno, i sedili si presentano sobri, non eccessivamente lavorati e caratterizzati da una trama lineare. Macchina adatta ai lunghi viaggi, ed allora ecco i due tavolini porta bevande che si retraggono dallo schienale anteriore, ma anche un bagagliaio dalla capienza notevole e variabile a seconda della configurazione che si sceglie. Viaggiando con le 5 sedute si hanno 440 litri di capacità di carico, tenendo abbassate sia seconda che terza fila si raggiungono invece i 1700 litri, naturalmente inferiore la capacità se si sollevano, al contrario, i due sedili a scomparsa che compongono proprio la terza fila, più stretti rispetto agli altri ma comunque adatti anche per passeggeri adulti e non soltanto per bambini. Per quel che concerne i prezzi, si parte dai 20.000 euro (poco più) del modello d’ingresso. In chiusura, questa nuova Toyota Verso 1.6D si presenta come un’auto adatta per le famiglie ma anche per gruppi di persone, comoda da utilizzare nei lunghi percorsi extraurbani ma anche tutto sommato maneggevole nei contesti cittadini.

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Champion Pit-Stop: all’altezza delle aspettative

 

di Filippo Gherardi

 

Appena un anno fa il progetto Pit-Stop, e la sua innovativa concezione di rete vendita collettiva finalizzata all’affermazione del medesimo obiettivo, è atterrato in Italia, con la previsione ambiziosa di creare una rete Champion Oil capace di diffondersi capillarmente tra ricambisti ed officine specializzate presenti nel nostro paese. Grazie ad una buona dose di dedizione e collaborazione oggi, dopo nemmeno 12 mesi dall’esordio, la rete Pit-Stop conta in totale già 270 attività aderenti, di cui 125 negozi commerciali/ricambisti e 145 officine. Si tratta di un risultato davvero notevole. “È stato un lavoro molto duro”, dice Alessandra Zangari della Oil Distribution srl, distributore esclusivo per la Champion in Italia. “Ogni giorno è necessario comunicare messaggi positivi circa la qualità dei prodotti Champion e i vantaggi che questi possono comportare per coloro che decidono di venderli e, successivamente, anche di utilizzarli, ma anche supportare i clienti su più livelli: tecnico, vendite, marketing, ecc ..”. Insieme allo sforzo del branding è arrivato anche un aumento notevole delle vendite nel corso dell’ultimo anno, e siamo solo all’inizio visto che insieme ad Alessandra Zangari anche tutta la sua squadra è molto determinata a continuare a sviluppare la rete Champion in tutta Italia in maniera sempre maggiore. “L’obiettivo principale del primo anno è stato quello di creare solide fondamenta per il futuro, incorporando la rete nel mercato e dando vita ad una nuova presenza chiara e visibile”, dice sempre Alessandra, “Ora siamo pronti a fare il passo successivo. Da un lato questo significa l’estensione della rete di 500 membri entro la fine del 2015, dall’altro stiamo lavorando per migliorare ulteriormente la collaborazione e la condivisione delle conoscenze all’interno della comunità dei nostri partner”. Insomma, se è vero che “il buon giorno si vede dal mattino”, numeri e risultati, ma anche consensi sin qui raccolti, sembrano davvero essere di buono auspicio per il futuro immediato della Champion Oil, e del progetto Pit Stop, sul mercato italiano.

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Vi presentiamo Daniele Di Amato

 

Intervista di Filippo Gherardi

 

Daniele Di Amato, segnatevi questo nome e se potete fatelo segnare anche a possibili addetti ai lavori, o semplici appassionati, del mondo delle quattro ruote. Perché quando un giovane pilota, non ancora 24enne, alla sua prima vera stagione nel Trofeo Pirelli del Ferrari Challenge Europa mette tutti in riga vincendo, come è successo nell’ultimo week end a Silverstone, anche su circuiti dove non aveva mai corso prima allora vuol dire che di talento ne ha davvero da vendere. Romano di nascita, Di Amato compirà 24 anni ad Ottobre e ha deciso di raccontarsi in esclusiva alla nostra redazione, cominciando dai suoi “primi passi” nel mondo delle corse: “Ho iniziato con i go kart, esercitandomi nelle piste sparse tra Roma e dintorni. La passione per le Ferrari me l’ha trasmessa mio padre, ho cominciato a gareggiare insieme a lui e questa attualmente in corso, di fatto, è la mia prima stagione intera. Sono davvero molto contento di come sta andando”. E non potrebbe essere diversamente, considerato che Daniele Di Amato ha già messo in bacheca la bellezza di quattro vittorie oltre ad una sfilza di podi che gli permettono, quando alla fine del Trofeo Pirelli mancano appena due eventi (ad Istanbul e ad Abu Dhabi), di guidare la classifica generale del campionato e di gestire sul primo inseguitore, Dario Caso, un vantaggio di 20 punti. Merito del talento, come detto, ma merito anche di un team, la Motor Piacenza, che come conferma lo stesso Di Amato nel corso dei mesi è diventato più che altro una seconda famiglia: “È fondamentale per un pilota giovane come me avere alle spalle una squadra come questa, composta da persone disponibili e di grandissima esperienza. Ho un rapporto splendido con tutti e mi supportano passo dopo passo, inoltre gareggiare con un team del genere per me rappresenta anche una grande vetrina”. A proposito di vetrine, i risultati (e l’eventuale titolo) ottenuti fin qui al Trofeo Pirelli inevitabilmente finiscono con l’attirare attenzioni sempre maggiori intorno ad un pilota giovane come Di Amato. Tuttavia il diretto interessato sembra non farsi distrarre da facili sirene e, al contrario, rimane convinto che la cosa migliore sia quella di fare un passo alla volta, soprattutto in un periodo come questo in cui i piloti italiani nel panorama internazionale delle corse a quattro ruote non sono più così di moda come qualche anno fa: “Nell’immediato mi interessa innanzitutto portare al termine nel migliore dei modi la stagione, il che vuol dire fare bene nelle gare che mancano da qui alla fine così da riuscire a conquistare il campionato. Dopodiché la mia volontà è quella di fare qualcosa di importante nelle serie Gran Turismo, ma il tutto rimanendo sempre con i piedi per terra. Credo che il livello dei piloti italiani rimanga alto e di primissima fascia, quel che è cambiato rispetto a qualche anno fa è che non esistono più sponsor e persone che hanno le possibilità, economiche, di investire in maniera massiccia su di loro”. In chiusura, viene quasi naturale chiedere a Daniele Di Amato quale sia il suo mito, il pilota che ha rappresentato e che rappresenta tutt’ora per lui un modello da seguire: “Il mio mito è sicuramente Michael Schumacher. Al di la dei risultati ottenuti, che sono davvero strepitosi, ho sempre ammirato il suo modo di affrontare le gare e la professionalità mostrata sia dentro che fuori la pista”.

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Del doman non v’è certezza

 

di Filippo Gherardi

 

Non si tratta di essere pro o contro Luca Cordero di Montezemolo, ne tantomeno di immaginarsi Sergio Marchionne nei panni di presidente e timoniere dell’ultimo vero marchio made in italy in grado di far innamorare milioni di persone. Si tratta di Michael Schumacher, Jean Alesi, Rubens Barrichello, Jean Todt, Rory Byrne e Ross Brawn, ma anche di Kimi Raikkonen, Felipe Massa e Fernando Alonso. Si tratta di 23 anni di successi, di sei titoli mondiali piloti ed addirittura di otto costruttori. Si tratta di un’era, vincente ed avvincente, che è arrivata ai titoli di coda. Un ciclo che finisce, una storia conclusa e difficile da dimenticare tanto quanto da eguagliare. La Ferrari ripartirà da Sergio Marchionne, bisognerà capire fino a che punto e fino a quando anche da Marco Mattiacci nel ruolo di team principal e da Fernando Alonso in quello di prima guida. Quel che è certo è che ripartirà da una squadra e da un progetto tecnico in gran parte da ricostruire, sicuramente con il fardello, pesante, di un’eredità da raccogliere e soddisfare. Interrogarsi su quale futuro toccherà al Cavallino, almeno nell’immediato, è lecito ma anche, per i tanti tifosi, piuttosto autolesionista. Che la Ferrari sia un orgoglio nazionale non si discute, che la gestione Marchionne dell’intero gruppo Fiat faccia rima con un robusto, e continuo, processo di internazionalizzazione lo dicono i fatti. Tuttavia in queste ore il neo presidente della Rossa ha lasciato intendere senza troppi giri di parole che la Ferrari è l’Italia e che, come tale, in Italia rimarrà. Salvaguardando il suo stato di società (e marchio) autonomo all’interno della grande famiglia FCA. Qualcuno anni indietro lo ha definito un manager costantemente proiettato al futuro, ed allora perché in pochi, almeno oggi, riescono ad immaginarsi nel futuro immediato un Sergio Marchionne festante, e vincente, nei box accerchiato da una valanga rossa di tecnici, meccanici ed indirettamente anche di tifosi? Nel frattempo Luca Cordero di Montezemolo si congeda con la bellezza di 27 milioni di euro di liquidazione, l’ultimo atto, ed anche quello meno romantico, di una storia che ormai appartiene al passato.