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Kubica: il ritorno del guerriero

 

di Filippo Gherardi

 

Nella settimana in cui le due più importanti competizioni a quattro ruote del motorsport internazionale segnano passaggi tutt’altro che interlocutori, sembra esserci una storia, un personaggio, che lega in maniera costruttiva ed indissolubile i due campionati. Mentre infatti la F1 torna da Budapest all’insegna di una Ferrari stellare e di un Sebastian Vettel che allunga il proprio margine mondiale sugli avversari, e nel frattempo che i protagonisti del WRC rincasano dall’insidiosa tappa finlandese con tanti nomi nuovi alla ribalta e l’insolita coppia Ogier-Neuville appaiata nella rincorsa iridata ad appena quattro gare dal termine, quasi a ridosso di entrambe Robert Kubica torna protagonista, in attesa di provare a tornare grande. Ad esattamente sei anni e mezzo dal terribile incidente al rally di Andora che gli è quasi costato la vita, lasciandogli in eredità i postumi di ben 18 interventi chirurgici di cui il suo braccio destro conserva i segni più evidenti, il pilota di Cracovia è tornato al volante di una monoposto di Formula 1, scacciando ulteriori fantasmi dalla sua mente ferita ma non per questo sconfitta. Era dal novembre 2010 che Robert non saliva su una Formula 1, ma grazie a Renault il tempo tra le curve e nei test dell’Hungaroring sembra non essere mai esistito. E a proposito di tempi, il polacco al volante della vettura francese ha stampato la bellezza di ben 142 giri, l’equivalente di quasi due gran premi, e facendo registrare il quarto tempo assoluto ad appena un secondo e mezzo da Sebastian Vettel, vale a dire da colui in sostanza che aveva dominato la tappa ungherese di F1 appena qualche giorno prima e come detto in apertura. “Ho fatto una cosa che ritenevo impensabile”, ha commentato Kubica una volta tolto il casco. Forse ancor più di quando nel 2013, a due anni dall’incidente che rischiò di fermarlo per sempre, si laureò campione WRC 2, quando qualcuno sosteneva che a malapena con quel braccio destro riuscisse a sollevare un bicchiere d’acqua. Ed invece, oggi come allora, Robert ha smentito tutti, ha sfidato il destino ed incassato la sua ricompensa. Che possa esserci un seguito ai test fatti con la Renault è ancora presto per dirlo, per ora ci limitiamo anche noi ad uno scontato, ma doveroso, “Bentornato”!

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Peugeot Pick Up: il ritorno nel mercato

 

 

 

 

 

 

 

di Federico Gianandrea de Angelis

 

Peugeot rientra nel mercato dei pick-up e lancia all’interno del continente africano, per accelerare il processo di internazionalizzazione del Marchio, una vettura il cui nome lascia veramente poco spazio all’immaginazione, ossia il Peugeot Pick Up. I punti di forza sono ovviamente l’abitabilità e la robustezza, a cui si aggiunge una soddisfacente lista di equipaggiamenti di serie che rendono il nuovo veicolo del Leoni adatto a tutte le situazioni ed esigenze, tanto professionali quanto personali. Lungo 5,08 metri, va ad inserirsi nella categoria dei pick-up compatti a doppia cabina, un segmento che fa registrare volumi pari a 56.000 unità all’anno e che  rappresenta il 10% dei mercati di riferimento (Maghreb e Africa subsahariana occidentale); sempre a livello di mercato, sono ottimi i risultati della motorizzazione diesel e della trasmissione 4×4, scelti rispettivamente nel 92% e nel 77% dei casi. Con Peugeot Pick Up si ripercorre la storia e la tradizione del Marchio nel segmento, in particolare nel mercato africano, dove riscossero grande successo le celebri PEUGEOT 403 Camionnette-Bâchée del 1956, PEUGEOT 404 Camionnette-Bâchée del 1967, PEUGEOT 504 Pick-up subentrata fino al 2005, anno in cui terminò la produzione in Nigeria. Tutti i fondamentali necessari per essere un pick-up sono presenti sulla nuova arrivata in casa Peugeot: una linea di cintura della carrozzeria molto alta, cofano orizzontale, elevata distanza dal suolo che varia, a seconda delle versioni, da 210 a 215 mm; l’emblema del Leone è racchiuso nella larga calandra e le lettere del nome Peugeot sono stampate sulla sponda posteriore, proprio come si fece per le “vecchie” Peugeot 404 e 504 pick-up. Verrà commercializzato nel mese di settembre, ma difficilmente verrà inserito nel mercato italiano.

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Lamborghini: il desiderio si chiama Formula 1

 

 

 

 

 

 

 

di Federico Gianandrea de Angelis

 

Per ora è solo un’ipotesi, un’idea, ma niente esclude che in un futuro nemmeno troppo remoto ci possa essere un nuovo toro nella corrida del “circus”. Nulla a che vedere con gli energy drink, il bovino in questione ha origini bolognesi e si chiama Lamborghini, e il sogno è quello di tornare alla carica nelle F1. L’esordio c’era già stato in passato, nel 1989, ma i risultati furono scarsi e decisero di dedicarsi maggiormente alle auto da strada. Con il circus passato nelle mani di Liberty Media dei cambiamenti ci saranno, e se questi dovessero stuzzicare i vertici Lamborghini potremmo assistere ad un loro ritorno nelle “ruote scoperte”. A rivelare i desideri nascosti del marchio ora proprietà di Audi è stato lo stesso Stefano Domenicali, presidente e a.d. Lamborghini, che durante la presentazione della nuova Aventador S ha così risposto alle domande sulla F1: “E’ un tasto molto sensibile del mio cuore, ma voglio essere onesto. Oggi abbiamo altre priorità e siamo concentrati su queste. In futuro? Il motorsport sarà sempre parte di Lamborghini, quindi se dovesse cambiare la piattaforma, perché no?”. Ma tutto è legato alle decisioni di Liberty Media: “Per noi il livello di costi necessari, non solo per correre ma per essere competitivi, è troppo distante da ciò che vorremmo per entrare in Formula 1. Quindi se vedremo un cambiamento in questo specifico settore, penso sarà opportuno prendere in considerazione questa possibilità”.

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Alfa Romeo: si torna in pista?

 

di Maurizio Elviretti

 

Dopo svariati anni fuori dal circus della Formula 1, Alfa Romeo medita un clamoroso ritorno in pista. L’ultima apparizione come fornitore di motori risale al lontano 1987, quando interruppe il rapporto con la Ligier a pochi giorni dall’inizio del mondiale. “E’ incredibile come il marchio Alfa Romeo resti nel cuore della gente. Stiamo pensando a un suo ritorno, come nostro competitore, alle corse, alla Formula 1″. Queste le dichiarazioni di Sergio Marchionne numero uno della Casa di Maranello, che apre così ad un possibile ritorno. Più che alla F1, però, Marchionne potrebbe pensare a campionati come quello Turismo oppure a gare stile 24 Ore di Le Mans.
”E’ importante che l’Alfa Romeo torni”, ha continuato a il presidente. Le uniche vittorie della scuderia sono datate 1950 con la 158 e 1951 con la 159 di Juan Manuel Fangio. Un suo rientro in posta sarebbe positivo: “Sarà un competitore in più”, ha continuato. E se il Biscione punta al magico ritorno, dall’altra parte è proprio la Ferrari che pensa all’addio. Per il momento, però, niente allarmismi: “Che la Ferrari lasci la Formula 1 è un’ipotesi possibile, ma molto improbabile. Se non ci vogliono noi ce ne andiamo”, ha sentenziato. E senza mezze misure Marchionne ha poi continuato la provocazione parlando anche delle nuove regole e della questione relativa alla fornitura di motori ai piccoli team. “Se vogliono trasformare la F1 in Nascar possono fare a meno di noi”. Poi per il prossimo anno: “Fare i conti a dicembre non serve a nulla, servono i risultati in pista. Dovremo lavorare molto, poi al primo Gp della stagione, in Australia, vedremo se avremo colmato il gap con le nostre dirette concorrenti come Mercedes e Red Bull. L’accordo con Red Bull per i motori? Sarebbe stato pericoloso per la competitività della Ferrari”, ha dichiarato.
Infine, una battuta sul nuovo pupillo di casa Ferrari, Sebastian Vettel. Arrivato quest’anno, il quattro volte campione del mondo ha fin da subito portato risultati, guadagnandosi stima e rispetto da parte di tutto il team. Il paragone? Quello con Alonso, con una frecciatina allo spagnolo: “Dopo cinque anni a Maranello, Fernando è andato via meno ferrarista di quanto lo fosse Sebastian Vettel quando è entrato”.

 

 

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Stoner: “No, non torno in MotoGp”

 

di Maurizio Elviretti

 

Casey Stoner chiude definitivamente ad un possibile ritorno in MotoGp. È stato l’australiano a regalare alla Ducati l’unico titolo nella classe regina, nel 2007, portandola alla vittoria con una moto che nessun altro riusciva a “montare”. Nel 2011 accettò le lusinghe della Honda e mise in cassaforte un altro titolo, l’anno successivo decise di ritirarsi a fine campionato. Aveva solo 27 anni e rifiutò un ingaggio di 12 milioni di euro a stagione. Oggi si gode la vita e fa il papà, ma non ha ancora appeso il casco al chiodo: è collaudatore per la Honda, casa per cui il prossimo 26 luglio parteciperà alla 8 Ore di Suzuka, classica dell’endurance.