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Formula 1: un titolo e mezzo nella cassaforte Mercedes

 

di Federico Gianandrea de Angelis

 

La matematica certezza ancora non c’è, ma in pochi sono convinti che ci sia possibilità di non vedere per la terza volta Lewis Hamilton campione del mondo di Formula1. La corsa di Sochi, vinta proprio dall’inglese, gli ha dato una grande spinta in termini di classifica generale visto che il suo compagno ed inseguitore Nico Rosberg, partito inoltre in pole position, è stato costretto al ritiro da un problema relativo all’acceleratore. La distanza tra i due piloti della casa tedesca si è allungata di altri 25 punti diventando così di 73 totali, quando ormai mancano al termine della competizione solamente quattro gare che mettono in ballo 100 punti: in pratica Nico dovrebbe vincere le prossime tre e sperare che Lewis decida di non parteciparvi per poi giocarsela sull’ultima pista di Abu Dhabi; è vero che tutto è possibile ma qui sembra di parlare più di sogni che di realtà. In compenso però, possono già festeggiare gli altri componenti del team Mercedes, in quanto con questa vittoria l’altro titolo che conta, quello dei costruttori, può essere già messo in bacheca grazie ai 172 punti di vantaggio che le frecce d’argento hanno sulle rosse di Maranello. A proposito di Ferrari (e per render ancor più triste Rosberg dopo la gara russa), attraverso il secondo posto conquistato da Vettel a Sochi il tedesco sorpassa Nico in classifica piloti, dando una dimostrazione della crescita avuta nella stagione in corso dalla scuderia di Maranello; di certo non un risultato soddisfacente per chi ha altre ambizioni, ma comunque di buon auspicio per quello che verrà. Forse dovremmo anche interrogarci su chi verrà, perché il rapporto tra Raikkonen ed Arrivabene non è proprio idiliaco a causa dei troppi errori commessi dal pilota, che anche a Sochi non ha sicuramente brillato arrivando quinto, un numero cinque che si è trasformato in otto dopo la penalizzazione di trenta secondi ricevuta per il contatto con Bottas mentre si lottava per la terza piazza. Lo abbiamo detto e ripetuto, ci sono ancora quattro gare da disputare, ma sembra che per quest’anno il campionato mondiale di Formula 1 sia già finito, non ci resta che aspettare la conferma della matematica sperando che i sogni di Rosberg, e soprattutto quelli di Vettel, possano riscrivere il finale di questa storia.

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F1, GP di Monza: bene la Ferrari ma l’inno finale è sempre quello inglese

 

di Federico Gianandrea de Angelis

 

Dopo lo sfortunato e tanto polemizzato episodio di Spa costato a Vettel il ritiro a meno di un giro dalla fine, il tedesco e la Ferrari tutta si riscattano con il secondo posto di Monza, sulla pista di casa davanti al proprio pubblico, ma ancora una volta il gradino più alto del podio se lo prende il solito Lewis Hamilton. Il campione del mondo in carica accelera non solo sulla pista ma anche in classifica piloti, allontanando il compagno di squadra Rosberg ritiratosi tra le fiamme del suo motore a tre giri dal termine, e a meno di un secondo da Vettel; ora il distacco tra le due frecce d’argento si allunga fino a 53 punti, ovviamente con Hamilton primo a 253 e Rosberg dietro a 199, mentre si rifà sotto Seba, sempre terzo ma a quota 177. Mentre le monoposto sfilavano ad alta velocità tra la Variante del Rettifilo e la Curva Parabolica, la Pirelli portava a conclusione le indagini riguardanti lo scoppio degli pneumatici del Belgio affibbiando la colpa ad una pista non pulita sufficientemente bene. L’arrabbiatissimo Vettel sembra esser rimasto soddisfatto dal lavoro e dall’indagine svolta dai fornitori di gomme della Formula 1: non escludiamo che dietro la sua teutonica calma ci sia un piccolo braciere ancora acceso, ma almeno per ora la polemica è stata definitivamente archiviata. A proposito di discussioni, in questa 86° edizione del GP d’Italia va di certo segnalata la presenza in tribuna del Premier Renzi, spinta dalle parole dell’avido Ecclestone che alla vigilia della gara ha addirittura ipotizzato un’esclusione della storica pista di Monza dal calendario del 2017. Bernie vuole 25 milioni e per ora ce ne sono solamente 15, ma il Capo del Governo, in coro con il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, ha assicurato che al 99% Monza rimarrà nei calendari della Formula 1, d’altra parte è impensabile un futuro senza il circuito più veloce di tutti. Detto ciò, torniamo alla gara che si è corsa nell’ultimo week-end. Come abbiamo visto, ha trionfato ancora Hamilton, ma ci sono stati degli ottimi segnali di ripresa e di riscatto da parte della Ferrari già durante le giornate di prove. Se nel venerdì solo Vettel era riuscito a star dietro alle tedesche con un terzo tempo, durante le qualifiche ufficiali è anche, e soprattutto, Raikkonen a dar lustro al cavallino con un ottimo secondo tempo, seguito dal terzo posto in griglia dell’altra rossa; dietro al quarto tempo di Rosberg, poi, una terza fila monopolizzata dalle Williams motorizzate Mercedes di Massa e Bottas. Quanto fatto di buono durante il sabato da Kimi viene però presto vanificato dalla sua partenza, anzi, dalla sua non partenza, visto che allo spegnimento del semaforo il finlandese è rimasto praticamente fermo facendosi sorpassare da tutti gli altri per dar vita ad un Gran Premio sotto il segno della rimonta. Al contrario, e come al solito, parte benissimo dalla sua pole Hamilton, tallonato da Vettel, dalle Williams e ancora da Rosberg, ma mentre in pochi giri Raikkonen recupera così tante posizioni da portarsi nono, Hamilton nello stesso periodo riesce già a dare sei secondi agli inseguitori. In un circuito in cui la strategia è tanto fondamentale quanto la velocità, quella della scuderia di Toto Wolff sembra essere la più efficace: Rosberg, primo dei “grandi” a passare per i box, rientra un giro prima rispetto a Massa e di conseguenza al successivo passaggio di traguardo si ritrova davanti al brasiliano. Leggermente diversa la tattica della Ferrari con un Raikkonen che nel frattempo ha portato a compimento la sua rimonta portandosi in terza piazza durante i pit stop degli avversari: lo scopo di Arrivabene e co. era quello di ritardare il rientro del finladese per rallentare Rosberg, ma la mossa non è bastata e Nico si è riportato subito in traiettoria di Seba. A questo punto della gara Hamilton se n’è andato, ha 20 secondi di vantaggio e mancano solamente 10 giri, la battaglia principale è quindi quella per il secondo posto tra Vettel e Rosberg. I tre secondi di distanza che ci sono tra i due si assottigliano sempre più, ma mentre Nico fa le ultime prove di sorpasso la sua monoposto si incendia nel senso letterale della parola e costringe il pilota a ritirarsi in un evidente stato di paura e preoccupazione. Nonostante l’incidente tecnico, il motore Mercedes ha dimostrato per l’ennesima volta di avere un qualcosa in più, considerato che il terzo posto lasciato da Rosberg è stato poi occupato dalla Williams di Massa seguito dal compagno Bottas, e solamente dopo, in quinta posizione, dalla seconda Ferrari di Raikkonen. Se la gara corsa da Vettel e il suo secondo posto sono comunque da apprezzare, lo hanno fatto in maniera calorosa e rumorosa tutti i tifosi del cavallino appostati sulle tribune del circuito, è sempre la Mercedes a dominare le piste non facendo quasi più notizia. Hamilton, complice l’uscita di Rosberg, ha messo a Monza una buona ipoteca su quella che potrebbe diventare la sua terza vittoria mondiale, ma non scordiamo che ci sono altre sette gare da correre: si ripartirà, sempre speranzosi con la Ferrari, il prossimo 20 settembre al buio della notte di Singapore.

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Fuori i secondi

 

di Filippo Gherardi

 

Una storia già vista, eppure c’è chi ancora grida allo scandalo. Rosberg che attacca Hamilton, finendo col distruggergli la ruota posteriore e condizionando in maniera irreparabile la gara di quest’ultimo, rimarrà uno dei fotogrammi simbolo di questa stagione di Formula 1, indipendentemente da come andrà a finire, al di la di quale sarà la Mercedes, tra le due, a mettere in bacheca il titolo iridato. Al tempo stesso, però, il contatto avvenuto al secondo giro del Gran Premio di Spa dello scorso fine settimana sarà soltanto l’ultimo esempio, tra i tanti nella storia di questo sport, di sfida senza esclusione di colpi all’interno dello stesso team. Successe con Prost e Mansell nel ’90, entrambi prime guide, nella stessa stagione e nella stessa scuderia, la Ferrari. Successe, soprattutto, sempre tra lo stesso Prost e Senna nelle due stagioni precedenti (’88 ed ’89), al volante di una McLaren che, un po’ come succede oggi per la Mercedes, dominava in lungo e largo per tempi e prestazioni. Schermaglie ad alta velocità, frecciatine tanto in conferenza stampa quanto all’interno dei box, ma tuttavia nulla a che vedere con quello che combinò nel 1937 l’italiano Luigi Fagioli, che al termine di un Gran Premio a Tripoli, una volta rientrato nei box, lanciò addirittura un martello contro Rudolph Caracciola, odiatissimo ex compagno dello stesso Fagioli qualche anno prima alla Mercedes (guarda a volte il caso ndr). Venendo ai giorni nostri, impossibile dimenticare quanto successo in McLaren nel 2007, con il campione del mondo Alonso costretto a guardarsi le spalle da un giovane e rampante profeta in patria come Lewis Hamilton. Alla fine si consumò il più classico degli harakiri, con buona sorte della Ferrari e di Kimi Raikkonen che portarono a casa il titolo mondiale. Insomma, verrebbe da dire: nulla di nuovo sotto la bandiera a scacchi. Rosberg ed Hamilton continueranno a darsele di santa ragione nelle sette gare che mancano da qui alla fine della stagione, con il primo chiamato a difendere i 29 punti di vantaggio sin qui messi in cascina, e con il secondo costretto ad attaccare sin dal prossimo Gp di Monza. In Mercedes, Wolff, Lauda e chi per loro non riusciranno a farsene una ragione ma saranno, comunque vada, costretti ad accettarlo. Perché questa è la Formula 1 e qui, da sempre, funziona così.