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FCA: una flotta di Pacifica a Google

 

 

 

 

 

 

 

di Federico Gianandrea de Angelis

 

La guida autonoma diventa sempre più reale, in America già circolano i primi veicoli dotati della nuova tecnologia e FCA già da tempo se ne è resa conto avviando i propri progetti di sviluppo, sfruttando la preziosa collaborazione di Google. Qualche mese fa era infatti arrivata la notizia dell’attivazione di una flotta Chrysler Pacifica proprio a Mountain View, sede del quartier generale del colosso americano. Si tratta di 100 esemplari di Chrysler Pacifica plug-in hybrid con motore 3.6 V6 da 287 cavalli e trasmissione automatica a 9 marce, ma più che la meccanica interessano qui i sistemi tecnologici: sui minivan sono stati installati supporti per i sensori Lidar laterali e per il gruppo di sensori sul tetto della vettura. Le vetture FCA si vanno così ad affiancare alle 24 Lexus RX450h e agli svariati prototipi Google, per avere la possibilità di fare ancor più test sulla guida autonoma in tre diverse aree urbane oltre a quella di Mountain View: Austin, Kirkland e Phoenix. La partnership si rivela un’ottima occasione per Google che deve accumulare esperienza su strada: finora sono 2 milioni i chilometri fatti dalle auto di Big G in sette anni, ancora pochi rispetto ai 222 percorsi dai veicoli Tesla dotati di Autopilot, sistema però a guida semi-autonoma.

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Amazon come Google e Apple

 

 

di Maurizio Elviretti

 

Dopo aver messo il primo passo nel mondo delle automobili (nella vendita esclusiva di parti di ricambio), Amazon ha deciso di proiettarsi anche nel settore delle vendite a quattro ruote. Amazon Vehicles, il punto di riferimento online da ieri, è il sito di e-commerce che propone un dettagliato listino (per ora dei modelli venduti negli Stati Uniti, nuovi e d’epoca) dove gli utenti aggiungono i loro commenti. I modelli si possono cercare selezionando le caratteristiche o le marche, selezionando sulla colonna sinistra, come tipico su Amazon, i parametri. “Guarda le specifiche, leggi le recensioni e chiedi ai proprietari” si legge sotto il logo. “Il nostro obiettivo è supportare i clienti durante uno dei più importanti acquisti delle loro vita, e uno di quelli che richiedono più ricerche, aiutandoli a prendere decisioni informate”, ha detto Adam Goetsch, direttore Automotive di Amazon.com nel comunicato stampa rilasciato nei giorni scorsi. Difficile credere che l’azienda abbia messo in piedi Amazon Vehicles solo a scopo informativo. Secondo alcuni analisti intervistati da Automotive News, la mossa potrebbe servire per vendere pubblicità alle Case automobilistiche o per prepararsi a futuri servizi di vendita on line. Proprio in questi giorni, in California, è in corso il programma “Prime Now. Drive Now” organizzato da Amazon e Hyundai: gli aspiranti clienti possono prenotare un test drive di un’ora, con consegna a domicilio del veicolo.

Dopo la Google car cè il camion senza pilota

Guida autonoma: adesso Google lavora anche sui camion

 

di Delfina Maria D’Ambrosio

 

Che Google stesse investendo nella guida autonoma non era certo un mistero. Quello che però adesso sta diventando sempre più chiaro è che il colosso di Mountain View non ha intenzione di fermarsi alle Google car, vetture appunto senza autista in carne e ossa, ma vuole fare ancora di più.  Una vera e propria sfida lanciata al mondo della mobilità che adesso sia arricchisce di un nuovo progetto: la creazione di un veicolo più grande, tipo camion, sempre capace di camminare in totale guida autonoma. Stando a quanto riporta il sito Quartz, Google avrebbe già presentato un brevetto.  Si tratterebbe, appunto, di un camion capace di trasportare merci che poi verrebbero sbloccate dal cliente con un pin o una carta di credito, strumenti che garantirebbe un alto livello di sicurezza.  Anche il mondo delle consegne, quindi, potrebbe essere rivoluzionato da software o robot in grado da agire come guidatore. Non resta quindi che permettere a Big G di lavorare e tenersi pronti alle altre prossime novità.

Google Self-Driving Car

Le auto di Google sono sicure

 

di Flavio Grisoli

 

Proseguono, in silenzio e a testa bassa, le sperimentazioni di Google sulle automobili a guida autonoma. I risultati raccolti finora sono talmente soddisfacenti che a Mountain View hanno deciso di fare un ulteriore passo in avanti. Come si legge dal blog ufficiale del colosso californiano, questa estate un piccolo numero di prototipi sarà lasciato girare sulle strade cittadine attorno al centro di ricerca con a bordo dei cosiddetti “safety drivers”, ovvero degli addetti che in caso di necessità possono attivare sterzo e pedali rimovibili. La velocità di questi mezzi sarà limitata a 25 miglia orarie (40 km/h). Sempre secondo Chris Urmson, che del progetto Self-Driving Car di Google è il direttore, nel corso delle sperimentazioni con le Lexus RX450h modificate, è stato percorso più di un milione di km e recentemente addirittura più di 10mila km in una settimana. Questo significa che è stata raccolta esperienza equivalente di circa 75 anni di guida di un adulto americano. Sono stati forniti anche i dati relativi agli incidenti con coinvolgimento delle Self-Driving Cars: sono 11 in totale, tutti lievi e mai per colpa dei mezzi di Mountain View, ma per distrazione di altri utenti della strada. Tamponamenti posteriori, laterali e un passaggio col rosso: questa la statistica. Il rapporto di Google fa capire come anche questo tipo di situazioni siano molto “istruttive”: in primo luogo perché i suoi sensori e algoritmi si sono rivelati statisticamente molto più attenti rispetto al conducente umano; in secondo luogo i comportamenti sbagliati degli utenti della strada non fanno altro che “insegnare” alla Self-Driving Car come comportarsi la volta successiva, rendendo la macchina di Google ancora più sicura di quanto già non sia.

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Il nemico alle porte

 

di Flavio Grisoli

 

Mentre impazzano sempre di più le proteste (dei tassisti, ora anche italiani, con manifestazioni a Torino, Genova, Milano e Roma), i dubbi (legislativi) e gli attacchi (di una parte della stampa), sta per arrivare un’altra grana, se possibile ancora più grossa, per Uber. La ormai famigerata app che consente di avere una macchina con autista “privato” sta battagliando da diverso tempo per sopravvivere, ma ora il nemico può essere molto più vicino, anzi. Uno dei suoi maggiori investitori, Google. Infatti, il braccio finanziario del colosso di Mountain View, Google Ventures, nell’agosto del 2013 aveva investito in Uber qualcosa come 258 milioni di dollari. A quel punto, è stato facile ipotizzare che Google potesse collaborare con Uber e, perché no, anche acquisirlo in un secondo momento. Un’altra prova fu l’ingresso di David Drummond, il capo dell’ufficio legale di Google, nel CdA di Uber nel 2013. Ora però ci sono segnali che le due società possano diventare acerrime concorrenti più che alleate. Google, infatti, si sta preparando all’introduzione del proprio servizio di car sharing, molto probabilmente all’interno del progetto a più ampio respiro dell’auto senza conducente. Drummond avrebbe informato il CdA di Uber di questa possibilità e, la fonte all’interno di Uber che rivela questi retroscena ha detto anche che i dirigenti di Uber stanno valutando se chiedere allo stesso Drummond di dimettersi per evidente conflitto di interessi. Google in questi anni non ha certo fatto segreto delle sue ambizioni di rivoluzionare il trasporto con veicoli a guida autonoma. Larry Page, ad di Google, ha più volte dichiarato di essere affascinato dalla possibilità di rendere le città più efficienti. Da Mountain View, oltretutto, fanno sapere che in massimo cinque anni saranno pronti alla diffusione delle auto senza conducente. Allo scorso Salone di Detroit, il responsabile del progetto Chris Urmson ha detto: “Stiamo pensando molto su come nel lungo termine, la mobilità senza conducente possa diventare utile alle persone, e ci sono molti modi in cui possiamo immaginarla. Per esempio, la mobilità condivisa. La tecnologia potrebbe essere tale che è possibile chiamare il veicolo e dirgli dove ti deve venire a prendere”.

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Veicoli auto-guidati: un piccolo stop

 

di Flavio Grisoli

 

Sappiamo che da molto tempo Google è duramente al lavoro per sviluppare vetture auto-guidate, ma negli scorsi giorni è stata resa nota una decisione che potrebbe rallentare significativamente il progetto del colosso di Mountain View. Il California Department of Motor Vehicles (possiamo definirla la nostra Motorizzazione Civile) ha infatti emesso una regola che prevede che un pilota deve essere in grado di prendere il controllo fisico immediato di un veicolo, costringendo così tutti i costruttori e progettatori di veicoli auto-guidati ad inserire un volante e un sistema di freni a pedale. A maggio Google aveva presentato il proprio modello di auto a guida automatica: un piccolo prototipo a due posti, simile ad una Smart, con un frontale molto divertente che sembra riportare uno Smile. A partire da metà settembre, comunque, la norma diramata dal Dipartimento sui veicoli a motore, sarà obbligatoria. «Durante i nostri test stiamo attrezzando i veicoli con volante, freno e acceleratore – ha commentato un portavoce di Google – così i nostri piloti potranno testare le caratteristiche di auto-guida pur avendo la possibilità, in casi di emergenza, di prendere il controllo del veicolo». I test su strade private inizieranno nel mese prossimo, in prototipi che monteranno i comandi manuali di sicurezza. C’è comunque molta fiducia nel progetto a Mountain View: quando il  co-fondatore Sergey Brin ha presentato i prototipi in maggio, ha detto che l’obiettivo del progetto di veicoli auto-guidati è di essere “significativamente” più sicuro di quelli “tradizionali” in pochi anni. Le macchine ad una velocità massima di 25 miglia all’ora. Brin ha poi aggiunto, ultimamente, che i veicoli non sono mai stati protagonisti di incidenti di nessun tipo finora. Questo grande progetto di Google è solo uno dei tanti, che sono soliti chiamare “colpi di luna” (“moon-shots”). Altri progetti provenienti dalla divisione sperimentale dell’azienda, chiamata Google X, includono il dispositivo Google Glass, e un progetto chiamato Loon, che mira a portare la connessione Wi-Fi in regioni non raggiungibili via palloni aerostatici.

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Il marchio più forte del mondo è il cavallino rampante

 

di Germana Condò

 

La Ferrari è il marchio più influente del mondo. Lo ha stabilito la classifica che ogni anno Brand Finance stila sui cinquecento brand più noti nel mondo, i più riconoscibili, i più importanti, senza prendere in considerazione il fatturato dell’azienda che il marchio rappresenta. Il cavallino rampante simbolo della casa automobilistica di Maranello è noto a chiunque “anche dove non ci sono ancora strade” come specifica Brand Finance e “nel suo paese e tra i suoi molti ammiratori in tutto il mondo, la Ferrari ispira molto più della lealtà al brand, più di un culto e una devozione quasi religiosa”. Insignito del riconoscimento per il secondo anno consecutivo, il marchio Ferrari scavalca colossi come Coca Cola, giunta in seconda posizione, Google in quinta posizione e Disney in decima posizione. La classifica di Brand Finance è basata sul brand strenght index, che valuta caratteristiche legate al marchio riguardanti l’influenza o la riconoscibilità, senza tener conto delle dimensioni dell’azienda. La casa di Maranello ha una produzione di nicchia nel settore delle automobili sportive, infatti nella classifica che tiene conto anche del valore economico, il marchio del cavallino rampante si piazza solo alla trecentocinquantesima posizione, laddove Apple conquista la vetta. Il Presidente Luca Cordero di Montezemolo ha espresso grande soddisfazione all’inaugurazione del museo Enzo Ferrari di Modena. “È un riconoscimento che ci fa grande piacere – ha dichiarato – nonostante le dimensioni dell’azienda abbiamo fatto un buon lavoro per migliorare l’esclusività del brand”.

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Volante Addio

 

di Flavio Grisoli

 

Quanti di voi, guardando film tipo “Demolition Man” con Sylvester Stallone, non hanno desiderato di avere automobili a guida automatica che magari si attivano con il solo utilizzo della voce? Bene, come sempre la realtà supera la fantasia. O meglio, il progresso tecnologico, inarrestabile nell’ultimo ventennio, ci sta portando a vivere in un presente futuribile che non avremmo mai immaginato di attraversare. Il colosso di Internet Google e Tesla Motors (società all’avanguardia nell’innovazione tecnologica applicata alle automobili) hanno sviluppato una partnership proprio per dare vita all’auto che si guida da sola. Per evitare fastidiosi e pericolosi “misunderstanding”, il 41enne fondatore e amministratore delegato di Tesla, il miliardario Elon Musk, intende ribattezzare il sistema “Pilota automatico” in modo da richiamare l’attenzione sui sistemi adottati con fortuna nel settore aereo. I tempi di realizzazione? C’è dibattito fra i vari produttori, non solo Tesla, ma anche altri colossi giapponesi come Nissan e Toyota, sui tempi di realizzazione di questo sistema totalmente innovativo (che, vale la pena puntualizzare, non sono ovviamente quelli di messa sul mercato): per Musk potrebbe essere sufficiente un quinquennio, per gli altri (fra cui anche l’autorità di regolamentazione) il doppio. Ma Google, qualcuno si chiederà, cosa ha a che fare con le automobili? C’è da dire che i fondatori del motore di ricerca più famoso sul web, Sergey Brin e Larry Page, da sempre si sono interessati nella diversificazione della loro azione di innovazione (gli ultimi sviluppi riguardano anche gli smartphone, ultimo settore di “lotta” fra i vari colossi delle comunicazione), e che da qualche anno già investivano in Tesla. Proprio per questo, i tempi di realizzazione dell’auto “col pilota automatico” potrebbero essere inferiori alle aspettative. Inoltre, i più attenti ricorderanno, Google ha già sviluppato sistemi e prototipi simili, “senza pilota”, con Toyota: la Prius equipaggiata con radar laser. Secondo l’ad di Tesla Musk però, questo sistema avrebbe dei costi di produzione troppo elevati, di conseguenza sta spingendo per la totale partnership anche sotto il punto di vista della progettazione: per il giovane industriale, un sistema ottico, reti di telecamere dotate di software in grado di percepire e analizzare l’ambiente circostante, sarebbe la soluzione ideale. Senza considerare che Tesla, da sola, potrebbe essere in grado di sviluppare un prototipo con il pilota automatico. Ma, dovendo fare i conti con l’abbattimento dei costi, ha la necessità di un “aiuto” esterno. Sempre secondo Musk, però, c’è un passo intermedio da fare prima di avere a disposizione la macchina di Stallone: il motore elettrico.