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F1 GP Monza: Hamilton va al sorpasso

 

 

 

 

 

 

 

 

Il preludio alla gara è stato più che deludente, delle qualifiche disastrose avevano inchiodato le rosse in terza fila per la gioia di Hamilton conquistatore dell’ennesima pole position stagionale ma, in fin dei conti, poteva andare molto peggio. Il terzo posto di Vettel pone in qualche modo rimedio al “pasticcio” iniziale, non basta però ad impedire ad Hamilton di metter le mani sulla testa del mondiale; un vantaggio ridicolo, è vero, perché 238 punti contro i 235 di Seb non sono nulla, ma dal punto di vista psicologico può significare veramente tanto. Partito dalla testa, Lewis non ha dovuto combattere più di tanto per mantenerla considerando la diretta “concorrenza” di Stroll e Ocon, scattati rispettivamente secondo e terzo grazie alla penalizzazione imposta alle due Red Bull di Verstappen (20 sec.) e Ricciardo (25 sec.) per la sostituzione di diverse componenti della power unit. Sono bastate poche curve a Bottas, quarto in griglia, per superare i due avversari che lo separavano dal compagno di squadra e mettersi in scia, mentre più impegnativa, ma non in termini eccessivi, è stata la rimonta di Vettel. Il tedesco ha dapprima sorpassato il compagno Raikkonen e dopo un paio di giri messo in riga anche Stroll, ingaggiando un duello non proprio accomodante con la veloce Force India di Ocon terminato all’ottavo giro con il definitivo sorpasso. Giunto in terza posizione, l’ostacolo successivo prendeva ovviamente il nome di Vallteri Bottas,  peccato che fosse lontano già tre secondi, un’eternità impensabile da colmare. Poco dopo, al sedicesimo giro, è stato Raikkonen ad aprire la danza dei pit stop perché incapace di sorpassare gli avversari che lo precedevano, mentre dietro di lui si faceva più nitido il rombo del motore di un Ricciardo autore, lui sì, di una strepitosa rimonta che gli ha permesso di risalire dalla sedicesima alla quarta posizione surclassando anche il finlandese. Non contento, l’australiano ha provato a fare un ultimo scherzetto anche all’altro Ferrarista: rallentato dall’usura delle gomme , Vettel è arrivato al traguardo sentendo sul proprio collo il fiato di Ricciardo, che recuperando un secondo a giro e facendo segnare più di un giro veloce nell’ultima frazione è quasi riuscito a compiere il miracolo di salire sul podio. Fortunatamente per Seb e per la Ferrari tutta, Ricciardo è un terrestre quasi comune e di poteri divini non ne ha, quindi niente miracolo e festeggiamenti moderati nel box rosso per il terzo posto. E’ stata certamente la vettura a mancare, dopo appena dieci giri le Mercedes hanno ridotto la potenza del motore del 10% sapendo di aver accumulato già un vantaggio sufficiente per portare a casa la doppietta, e lo stesso hanno fatto le monoposto di Maranello con la consapevolezza di non poter più raggiungere gli avversari. Ad ammettere la netta inferiorità è stato un infuriato Sergio Marchionne, che ha caldo ha dichiarato dopo la gara: “Non si poteva fare assolutamente nulla. Oggi è stato quasi imbarazzante vedere la differenza tra Mercedes e Ferrari. Qualcosa abbiamo sbagliato, questa non è la Ferrari. Bisogna raddoppiare l’impegno. Vogliamo togliere il sorriso dalla faccia di quelli là”. Non proprio dello stesso parere Vettel che al contrario, dopo un siparietto sul podio in cui si è trasformato in cameraman per riprendere lo straordinario bagno di folla rosso, ha voluto mostrare un ottimismo quasi sfacciato: “È stato divertente, non sono partito bene, ho pattinato un po’ e c’è voluto prima di fidarmi della macchina e recuperare posizioni. Poi abbiamo fatto un po’ di sorpassi, ma sono rimasto isolato, non avevamo il passo di quelli lì davanti. Vedere tutta questa gente mi dà speranza, so che abbiamo una macchina forte e avremo un grandissimo finale di stagione”. Non è facile, ma vogliamo unirci alla sua estrema positività in vista del Gran Premio di Singapore del 17 settembre, due settimane di tempo per lavorare sodo e ridurre un gap che è stato molto più ampio del previsto dal lato tecnico, possibilissimo da colmare invece in termini di punteggio. Al Marina Bay Street Circuit ci sarà un avversario in più da temere, Daniel Ricciardo con la sua Red Bull ha avuto una crescita esponenziale nel corso della stagione fino a qui vissuta e lo sgambetto non riuscito a Monza verrà ritentato in terra asiatica, un ulteriore problema da risolvere. L’attenzione in casa Ferrari deve crescere e mai diminuire, bisogna lavorare e soprattutto crederci, altrimenti è inutile proseguire. Allora crediamoci tutti, riponiamo fiducia nelle parole urlate in italiano sul palco proprio da Seb, facciamo sì che diventino un motto: “Lo so che arriviamo. Arriviamo! Grazie! Forza Ferrari!”

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F1, Gp di Austria: Bottas vince, Vettel Allunga

 

 

 

 

 

 

 

 

di Federico Gianandrea de Angelis

 

 

Nonostante le radici tedesche, sembra ormai diventato quello d’Austria il circuito di casa della Mercedes, arrivata a conquistare il quarto successo consecutivo sul RedBull Ring, uno per ogni anno da quando la pista è tornata a far parte del calendario. Stavolta è stato il turno di Bottas, alla seconda vittoria stagionale nonché della sua carriera, che con una partenza fulminante al limite del “falso” è riuscito a mantenere la pole conquistata il giorno prima. Un indemoniato Vettel non ha mai smesso di tallonarlo rosicchiando decimi ad ogni giro, se la corsa fosse stata poco più lunga forse parleremmo sempre di uno stretto rapporto tra Germania e circuito austriaco, ma con una variante italiana che ricorderebbe un’Alleanza di altri tempi. Lo stesso Vettel sa che avrebbe potuto farcela, lo ha detto in maniera esplicita a fine gara: «Sono arrivato a mezzo secondo dal vincitore, sono contento soprattutto della seconda parte della gara, perché nella prima non andavo al meglio. Con le supersoft la macchina si è rigenerata e mi sono avvicinato. Un doppiaggio mi ha fatto perdere un po’ di tempo, avevo bisogno di un altro giro perché Bottas stava faticando». Purtroppo per lui non è andata così, l’esito è stato comunque positivo e soddisfacente perché il vero rivale Lewis Hamilton è rimasto ai piedi del podio, permettendo alla Rossa numero 5 di acquisire un vantaggio di ben 20 punti sull’inglese nella classifica mondiale, un altro piccolo ma importante passo sulla strada che porta al successo. La terza piazza è andata di nuovo a Ricciardo, quel podio non vuole più mollarlo: dopo il ritiro in Russia quattro terzi posti e la vittoria a Baku, ha trovato il feeling con la sua Red Bull e tutto sta andando a gonfie vele, a Spielberg più che mai a discapito di Hamilton, uscito con le ossa rotte dalla battaglia con l’australiano. Rimanendo in casa Red Bull, non si può certo avere la stessa positività parlando di Verstappen, sempre più sfortunato e ancora una volta costretto al ritiro, il quinto stagionale e soprattutto il terzo consecutivo; stavolta è stato “boicottato”dal solito cavallo pazzo Daniil Kvyat, partito bene ma senza controllo, tanto da finire addosso prima a Fernando Alonso e poi al povero Max, impedendo ad entrambi di terminare il primo giro e guadagnando per sé una bella penalizzazione che lo ha inchiodato in fondo alla classifica fino al termine. All’appello però manca ancora un nome, è quello di Kimi Raikkonen, troppo in ombra come al solito. E’ vero, ha avuto dei problemi con il motore e più volte dai box gli hanno dato indicazioni per modificare la configurazione, ma venti secondi di distacco da Vettel non possono essere addossati tutti alla macchina, anche il pilota ha le sue responsabilità; il quinto posto non è un risultato da buttare, ma se la scuderia si chiama Ferrari le ambizioni sono sicuramente più alte, e di mezzo c’è un contratto in scadenza… Ma torniamo alla lotta per il mondiale e cerchiamo di capire cosa è andato storto nel week-end di Hamilton, impresa tutt’altro che ardua: l’inglese ha dovuto pagare, e caro, la sostituzione del cambio con cinque posizioni di “retrocessione”, la sua gara è partita dalla ottava posizione. Questo, in termini competitivi, significa dover adottare una strategia volta alla rimonta ma le scelte del team non hanno dato i frutti sperati; Lewis è stato il primo a rientrare per il pit stop e questo, a lungo andare, a causato un eccessivo riscaldamento dei freni ed un deterioramento delle gomme difficile da controllare nella sfida finale per il podio vinta da Ricciardo. La classifica vede così Vettel a 171 e Lewis a 151 punti, il gap che c’era fino allo scorso anno è stato molto più che colmato, ma a Maranello sanno che i tedeschi non vanno presi con le molle ed è questo il motivo che porta il presidente Marchionne a parlare ancora come se fossero dietro: “Manca pochissimo, siamo lì e i cari amici tedeschi lo sanno benissimo, sentono il fiato sul collo, questa poca differenza la togliamo“. In Ferrari la filosofia è la stessa per tutti, anche Arrivabene preferisce tenere i piedi per terra: “Bisogna essere umili e guardare quello che è successo. Ora andiamo avanti, ci vediamo a Silverstone”. Si va in Inghilterra, a casa di Lewis Hamilton, per il giro di boa, fino ad ora tutto è andato per il verso giusto ma è impossibile dormire sonni tranquilli, può ancora succedere di tutto, lo sanno in casa Ferrari, lo sanno in casa Mercedes.

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F1, Gp di Monza: è Rosberg a dominare, la Ferrari torna sul podio con Vettel

 

di Federico Gianandrea de Angelis

 

Come al solito a trionfare sono state le Mercedes, ormai non fa quasi più notizia, ma dal GP d’Italia la Ferrari ne esce con un piccolo sorriso grazie alla buona gara che ha riportato la rossa di Vettel sul podio come non succedeva ormai da quattro gare, con quella di Raikkonen subito dietro. Un risultato che va quasi a ristabilire una gerarchia dove la Redbull risulta terza forza del campionato e non seconda davanti al Cavallino, al contrario di quanto sta in realtà accadendo durante la stagione in corso. Problemi di gerarchie ce ne sono anche in casa Mercedes, risulta difficile ora capire chi sia veramente il primo pilota e chi il gregario: a Monza è Rosberg ad occupare il gradino più alto del podio, per la seconda volta consecutiva dopo Spa, ma in classifica piloti c’è ancora Hamilton davanti a tutti, seppur con soli due miseri punti in più rispetto al compagno. Si è instaurata un’alternanza nel periodo di forma dei due piloti su Frecce d’Argento, prima la partenza a razzo di Nico, poi il recupero di Hamilton con tentativo di fuga; ora sono di nuovo tutti e due lì, spalla a spalla, a combattere per la vittoria di un campionato riservato esclusivamente alle due monoposto del team di Niki Lauda e Toto Wolff. La gara, quella di Monza che per un attimo ha rischiato di sparire dal calendario, di successo ne ha riscosso parecchio, la passione degli italiani ha fatto accorrere sul circuito oltre 150.000 spettatori, che di emozioni ne hanno però vissute poche. La prima parte del week-end propendeva tutta verso Hamilton, più veloce nelle libere e durante le qualifiche, ma a pochi secondi dal via l’inglese partito poleman si è ritrovato addirittura sesto a causa di un avvio troppo lento e non da campione del mondo in carica. Lewis si è assunto tutte le responsabilità scusandosi anche via radio con i box, Rosberg ha invece ringraziato schizzando subito in testa per rimanerci fino alla fine; le Ferrari hanno inizialmente approfittato dell’errore di Hamilton, rischiando un nuovo harakiri dopo quello visto a Spa fortunatamente scongiurato, ma alla lunga sono state le strategie a dominare e quella di Mercedes (stranamente) è stata ancora una volta la più efficace. La tattica tedesca era quella partire con gomme Soft per essere più scattanti all’inizio, fare una sola sosta e montare poi gomme Medium per arrivare fino alla fine gestendo semplicemente il vantaggio accumulato. La scelta ha pagato eccome, Nico è riuscito a mettere ben 10 secondi tra lui e Raikkonen nei primi quindici giri, punto di arrivo per il primo pit stop del finlandese, mentre Hamilton procedeva alla sua rimonta senza fare una gran fatica; solo nel finale le Rosse hanno tentato di rifarsi sotto ma era ormai troppo tardi. Meglio di così la scuderia di Maranello non poteva fare, il podio mancava da troppo e un lieve grado di soddisfazione Arrivabene, sotto gli occhi del presidente Marchionne, dovrebbe averlo provato, ma non può di certo compensare il bruciore generato da quei 20 secondi di distacco subito dai tedeschi. Lo stesso gap c’è stato anche tra Raikkonen, quarto al traguardo, e Ricciardo, con la RedBull che si era già data per vinta vedendo una Williams più veloce sui rettilinei brianzoli; gli austriaci devono solo ringraziare la bravura del pilota australiano che con la sua guida è riuscito a mettersi alle spalle un timido Valtteri Bottas, cosa non riuscita al talentuoso quanto irruento Max Verstappen, settimo e stavolta estraneo da qualsiasi polemica. Solo nono Felipe Massa, la macchina è quella che è e il brasiliano non ha di certo lo stesso smalto di qualche anno fa, ma avrebbe sicuramente voluto chiudere meglio l’ultima gara corsa davanti a quello che per anni è stato il suo pubblico: non lo vedremo più sui circuiti di F1, è stato lui stesso ad annunciarlo poco prima del Gran Premio. Per quest’anno il tour del Vecchio Continente si chiude, ora la Formula 1 tornerà a girare il mondo ripartendo da Singapore, il prossimo 16 settembre; nonostante la lotta al titolo sia monomarca, lo spettacolo fortunatamente si è riacceso e non mancherà: Hamilton contro Rosberg, sarà una lotta all’ultimo sangue.

GP SPAGNA F1/2016

F1 Gp Barcellona: Verstappen riscrive la storia

 

di Federico Gianandrea de Angelis

 

A Barcellona doveva essere una gara tutta Mercedes, con Hamilton in pole e Rosberg accanto a lui nella prima fila, invece tutto lo champagne lo ha bevuto un ragazzino olandese che correva su una macchina non sua: si chiama Max Verstappen, ed è il più giovane pilota ad aver vinto un Gran Premio di Formula 1. Il fato ha voluto che Daniel Kvyat fosse troppo agitato e per calmarlo Chris Horner e co. hanno pensato che sarebbe stato meglio farlo ricominciare dalla Toro Rosso, promuovendo così Verstappen con un posto in RedBull, poi l’olandese ci ha messo del suo ringraziando la scuderia con una storica vittoria. Già in qualifica aveva fatto vedere di che pasta era fatto dando spettacolo e ottenendo la quarta posizione in una griglia dove le prime tre file sono state egualmente divise per scuderie: Mercedes, Rebull e poi le insoddisfatte Ferrari che, dopo le dichiarazioni di Marchionne prima del week end, avrebbero dovuto fare molto meglio. Già dal sabato, quindi, tutto faceva supporre alla solita e monotona gara con le Frecce d’Argento in fuga e gli altri a contendersi il gradino più basso del podio. Effettivamente a semafori spenti tutto si è svolto secondo copione, se non fosse che la voglia di riscatto di Hamilton e l’ambiziosa ricerca di pokerissimo di Rosberg siano terminate col mandare in fumo tutti i piani della scuderia tedesca: Lewis parte leggermente più lento del compagno e subito allora prova ad infilare Nico che lo chiude all’ultimo, le monoposto si scontrano e finiscono nella ghiaia. Risultato? Safety car, zero punti per Hamilton, zero punti per Rosberg, zero punti per Mercedes. Gli altri ovviamente non possono che ringraziare dando così vita ad una corsa spagnola ricca di sorpassi e colpi di scena: bene per gli spettatori ma forse non un buon segno per i team, perché questo per loro va quasi a significare che solo senza Mercedes è possibile vincere. Fatto sta che poco prima dell’entrata della safety car Ricciardo e Verstappen riescono a difendersi dagli attacchi di Vettel e Raikkonen mantenendo la posizione, con Sainz  che si infila tra i due team litiganti sfruttando l’indecisione causata dall’incidente. Dopo tre giri con la vettura di sicurezza tutto riparte regolarmente e le Ferrari non ci mettono molto per divorarsi la Toro Rosso di Sainz, Ricciardo rientra ai box e Verstappen diventa così il più giovane in assoluto ad essere in testa in una gara. Al giro dopo però rientra così come lo fanno le monoposto di Maranello e la graduatoria torna ad essere quella vista in precedenza, mentre dietro a loro quattro anche Bottas sorpassa Sainz; in seguito a diverse strategie, tra gomme morbide e dure, Verstappen si ritrova al comando al giro 44 seguito da Kimi Raikkonen in quella che diventa una sfida generazionale. Qualche metro più in là si accende anche la lotta tra Vettel e Ricciardo, l’australiano prova a passare più volte ma non trova mai lo spazio fino a quando la sua gomma non si fora costringendolo ad un’ultima sosta che per sua fortuna non gli strappa la quarta posizione finale. Il giovane Max invece guida come se fosse il grande Schumi e non cede un millimetro, tagliando il traguardo con una penna in mano pronto a scrivere la storia: è il primo olandese a trionfare in un Gran Premio ed il più giovane di tutti i tempi con i suoi 18 anni, 7 mesi e 15 giorni, annientando il primato conquistato da Vettel nel 2008 in Italia. Nonostante la “retrocessione”, Kvyat riesce comunque a togliersi un sassolino dalla scarpa facendo segnare il giro più veloce ma chiudendo appena decimo. Rosberg rimane così fermo a quota 100 punti nella classifica del Mondiale mentre l’umore del campione in carica Hamilton si incupisce ancor di più con il sorpasso di Raikkonen, ora secondo a 61. Si accorcia anche la classifica costruttori con la Ferrari che si porta a – 48 sfruttando l’errore della Mercedes che aveva vinto tutte le ultime dieci gare. Non una grande soddisfazione però per le Rosse che, utilizzando le parole di Arrivabene, hanno sprecato una grande occasione per dare fastidio alle Mercedes, ma sempre secondo il team principal dei margini di miglioramento ci sono stati, il problema è che gli avversari non rimarranno a guardare. I commissari di gara hanno osservato attentamente le immagini dell’incidente Rosberg-Hamilton decidendo che nessuno dei due partirà con penalizzazioni sul circuito di Montecarlo il prossimo 29 maggio, lì dove le Frecce d’Argento proveranno a ristabilire le gerarchie, dove le Rosse tenteranno nuovamente di centrare la prima vittoria stagionale, e dove ci sarà un avversario in più e una sorpresa di meno: Max Verstappen.

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F1, Gp Cina: Rosberg fa tripletta

 

di Federico Gianandrea de Angelis

 

Se fosse stata una partita di calcio, Rosberg avrebbe potuto portare il pallone a casa, invece parliamo del Mondiale di Formula 1 ed il tedesco con la sua vittoria sul tracciato cinese di Shangai, la terza consecutiva, torna in patria “solamente” con 25 punti che, sommati ai precedenti, diventano 75, praticamente il doppio del compagno di squadra e campione in carica Lewis Hamilton, fermo a quota 39. Nico prende ampiamente le distanze dagli inseguitori nella classifica piloti ma soprattutto fa il vuoto dietro di sé sulla pista asiatica nonostante una partenza non eccezionale e l’iniziale ostacolo di Ricciardo , fermato a sua volta da una foratura, con le Ferrari che invece di contrastarlo lo aiutano quasi eliminandosi a vicenda. Ma andiamo per gradi. Il week end si è aperto con un passo indietro: le qualifiche, dopo le tante proteste, sono tornate al vecchio formato per la gioia di piloti e spettatori; Rosberg conferma subito il suo ottimo stato di forma conquistando la pole position davanti ad un entusiasmante e carico Ricciardo; Hamilton già aveva ricevuto una penalizzazione per aver sostituito il cambio e, durante le prove, il motore lo abbandona del tutto obbligando l’inglese a partire dietro a tutti. Ne approfittano solo parzialmente le Ferrari che conquistano la seconda fila ma, nel momento in cui si spengono i semafori per dar inizio alla corsa, nessuno riesce ad avere lo sprint decisivo al di fuori delle RedBull. Ricciardo conquista la testa mentre Kvayt si infila di prepotenza all’interno di Vettel ed il tedesco va a sbattere contro l’altra rossa di Raikkonen causando danni ad entrambe le monoposto. Ricciardo buca già al secondo giro e Nico non si fa pregare, conquista la testa ed inizia a fare una gara a parte che si concluderà con un comodo e facile trionfo. Dietro al tedesco però ci si diverte, la pista favorisce i sorpassi e lo dimostra Vettel: rientrato ai box per cambiare il musetto torna in pista quindicesimo ma nel tempo di pochi giri fa degli altri un sol boccone e divora, nell’ordine, Ericsson, Hulkenberg, Haryanto, Sainz, Palmer, Button, Bottas, Gutierrez, Wehrlein, Perez ed infine Alonso tornando in terza piazza. Rimane solo Kvyat davanti a lui (Rosberg è irraggiungibile), i due rientrano per il cambio gomme nello stesso momento ma la strategia prevede che il ferrarista monti delle nuove soft mentre il russo sceglie le medie: la differenza si vede e in pochi giri Vettel digerisce anche il giovane classe ’94 guadagnando la seconda posizione. Nel frattempo, dietro, le varie soste fanno salire e riscendere gli attesi Hamilton e Raikkonen fino a quando l’inglese non riesce a stabilizzarsi al quinto posto, oro considerando la partenza da ultimo, ma proprio in quel momento, intorno al giro 40, inizia una vera e propria bagarre che coinvolge, oltre ai due appena citati, anche Massa e soprattutto Ricciardo. L’australiano li infila uno dopo l’altro con sorpassi che suscitano gli scroscianti applausi delle tribune cinesi, poi Massa e Hamilton si vedono superare anche da Raikkonen con l’inglese campione del mondo che attacca la Williams del brasiliano senza però ottenere risultati e chiudendo così con un deludente settimo posto. Al termine dei 56 giri è festa grande per Rosberg, padrone incontrastato del GP di Shangai e del mondiale, mentre Vettel ha qualcosa da dire al giovane Kvyat riguardo l’incidente della partenza: ”Mi sei venuto addosso, sei arrivato come un razzo, c’era anche una macchina a sinistra”, ma lo sfacciato russo era troppo contento del suo secondo podio in carriera per sentire i rimproveri del quattro volte campione iridato: ”Dai piantala dimentica, siamo entrambi sul podio” è stata la risposta. Nico va veloce come il vento, è vero, ma tra Ferrari che si autoannientano e i capricci della Mercedes di Hamilton non si può dire che la Fortuna non stia dando una mano al tedesco; la Red Bull ha dimostrato di trovarsi a suo completo agio su questa pista, il telaio e l’aerodinamica erano i più adatti al tracciato, ed attualmente è Ricciardo ad occupare la terza posizione in classifica generale (36 punti) ma pensare che l’australiano possa essere l’antagonista dell’anno è pura utopia. Hamilton ha ormai terminato i jolly e non può commettere più errori se vuole riagguantare il compagno, e dall’altra parte la Scuderia di Maranello sta dimostrando di aver creato delle vetture competitive: adesso sarà compito quasi esclusivo dei due piloti spingerle davanti alle Frecce d’Argento. Nella testa di Rosberg il pensiero del primo titolo mondiale non si presenta più solamente sotto forma di sogno ma c’è ancora molto tempo prima che possa diventare realtà, ora il tedesco dovrà trovare il quarto asso per calare il poker durante la prossima tappa, il 1 maggio, a Sochi.

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Audi: l’ingresso in Formula 1 sembra molto vicino

 

di Federico Gianandrea de Angelis

 

Novità importanti arrivano dal mondo Audi: si vocifera che la Casa dei Quattro Anelli farà il suo debutto in Formula 1 nel 2016. La notizia è stata riportata da Auto Express, dove si precisa inoltre che l’Audi potrebbe acquistare la Red Bull o la Toro Rosso, che a capo del team verrebbe messo Claudio Domenicali (arrivato in Audi da pochi giorni), e che come prima guida ci sarebbe Fernando Alonso. I tedeschi sono attualmente impegnati nelle competizioni WEC, il campionato del mondo Endurance, e DTM, il campionato turismo tedesco, ma potrebbero abbandonarle entrambe per investire tutti i propri soldi nella Formula 1. Audi si occuperebbe però solamente dei propulsori, dei kers e delle trasmissioni delle vetture, mentre a tutto il resto penserebbe una struttura già esistente, e proprio per questo c’è l’intenzione di comprare una tra Red Bull o Toro Rosso, con la prima favorita per gli stretti rapporti che ci sono tra Piech e Mateschitz, rispettivamente presidente del gruppo Volkswagen e capo della Red Bull. Le regole della Formula 1 vogliono che sulle monoposto sia montato un motore 1.6 V6 turbo, e, a quanto pare,  Audi non solo ha terminato di preparare il propulsore, lo sta già testando da qualche mese.

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F1: guerra aperta sul fronte motori

 

di Federico Gianandrea de Angelis

 

Nel giorno in cui Sergio Marchionne diventa ufficialmente presidente della Ferrari, la sfida tra scuderie di Formula 1 esce dalla pista e si “combatte” a suon di parole, gli antagonisti sono quelli delle principali case automobilistiche, l’oggetto della contesa è la regola che obbliga al congelamento dello sviluppo dei motori durante la stagione. Molti, anzi quasi tutti, vorrebbero che la regola fosse modificata, in modo da render possibile lo scongelamento delle power unit, ma per far sì che questo avvenga, c’è bisogno dell’unanimità nella votazione, e nell’ultima effettuata Lotus, William e Mercedes si sono espresse con un no. E’ stato proprio il voto contrario dei tedeschi ad accendere la contesa, perché sembra che durante la gara di Singapore si sia tenuta una riunione tra i rappresentanti di Ferrari, Red Bull e Mercedes, rispettivamente Marco Mattiacci, Cristian Horner e Toto Wolf; qui i tre avrebbero trovato un accordo in cui si prevedeva di aumentare da 32 a 40 i gettoni utilizzabili nel 2015 per modificare le componenti del propulsore, e quindi aggiornarlo durante la stagione e non solo nel periodo che va da dicembre a febbraio. Nel momento della votazione la Mercedes ha però fatto marcia indietro, suscitando il disappunto di Horner e Mattiacci che vogliono assolutamente lo scongelamento per ridurre il gap che li divide dai tedeschi, e dando così il via alla disputa con Wolf.

 

 

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Formula1, Sochi: non conta solo la gara

 

di Leonardo Frenquelli

 

Per questa domenica è prevista la prima gara della storia della Formula 1 nel circuito di Sochi, in Russia. In questo momento però il Circus è preoccupato da questioni molto più serie ed importanti, per l’interesse di tutte le scuderie. Dopo il tragico incidente di Jules Bianchi, qualsiasi addetto ai lavori s’è detto sotto shock ed indubbiamente anche per i giornalisti è più difficile fare domande riguardanti la prossima gara o un altro degli argomenti caldi del momento: il mercato piloti. Continua infatti la telenovela che vede coinvolti Vettel e Alonso, per determinare quale sarà il loro destino nella prossima stagione. Per il pilota Red Bull, Campione del mondo uscente, sembra essere arrivata la svolta della carriera che ha dichiarato essere una delle sue massime aspirazioni: un contratto con la Ferrari. Stando alle ultime dichiarazioni, non ci sarebbero sostanziali aggiornamenti sul caso ma è probabile che dietro le quinte ci si stia muovendo per qualcosa di concreto. Si è parlato di un contratto triennale a venticinque milioni l’anno più bonus per il pilota tedesco, che non aspetta altro che poter annunciare l’effettuata transizione. Addirittura, come di solito capita quando si sposta un grande campione da una scuderia all’altra, due uomini di fiducia di Vettel starebbero già facendo le valigie verso Maranello: si tratta di Kenny Hankammer, capo meccanico della Red Bull con cui il pilota tedesco ha ottenuto i suoi successi migliori e Riccardo Adami, l’ingegnere di pista con cui Vettel lavorava quando ancora militava nella Toro Rosso. Dall’altra parte della scena c’è la questione Alonso: dopo che Niki Lauda, Presidente non esecutivo McLaren, aveva dato una scossa importante al Circus dando per firmato l’accordo tra la McLaren ed il pilota spagnolo, da Woking smentiscono ufficialmente, dichiarando di non aver stipulato alcun contratto con nessun pilota per la prossima stagione. Al momento, dunque, resta soltanto da capire quali siano le intenzioni del pilota spagnolo. C’è da considerare però che fra due stagioni si rinnoverà la joint-venture tra McLaren ed Honda, pronta a fornire i motori delle monoposto per il campionato e questo potrebbe dare spazio ad uno scenario interessante: per qualche periodo si vociferava che il campione spagnolo potesse prendersi un anno sabatico ed alla luce delle ultime indiscrezioni, non sarebbe assurdo ipotizzare un mondiale 2015 senza Alonso, pronto a rientrare nel 2016 con McLaren-Honda ed il suo posto occupato da Sebastian Vettel, di nuovo alla ricerca di vittorie ma stavolta su una Ferrari. Intanto domenica si corre, col pensiero a Jules Bianchi perché in queste occasioni non esistono scuderie o rivalità.

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F1, i primi risultati di Jerez

 

di Germana Condò

 

Si è da poco conclusa la sessione pomeridiana dei test in programma da oggi a venerdì a Jerez de la Frontera che ha visto le monoposto partecipanti al Mondiale di Formula Uno impegnate in una prima valutazione delle nuove auto appena presentate. Un test non facile questo si sapeva, in cui tutti i team hanno avuto non pochi problemi prima di far girare le auto sul circuito. A cominciare dai nuovi motori V6 Turbo che Sebastian Vettel, nel corso della conferenza stampa successiva alle prove di oggi, ha dichiarato di non amare particolarmente. “Preferivo i V8, li amavo e, fosse per me – ha affermato il pilota tedesco – tornerei ai V10”. In effetti non ha entusiasmato il fischio che la Mercedes di Hamilton, e ancor di più, la Ferrari di Raikkonen si sono lasciate alle spalle girando in pista. In mattinata, dopo appena mezzo giro della nuova F14T, il Team Ferrari è stato costretto ad intimare al pilota finlandese di fermarsi immediatamente, ma solo per precauzione. Così la F14T rientra ai box trasportata da un carroattrezzi ricoperta da un telone, mentre Kimi monta su un taxi. Ci sono voluti almeno venti minuti per ripristinarla ma Raikkonen ha atteso circa due ore prima di rientrare in pista. L’unica a girare con una certa regolarità, nonostante i suoni strani emessi dal motore, è stata Mercedes che già aveva rodato l’auto a Silverstone qualche giorno fa. Nel pomeriggio Hamilton ha chiuso le prove con uno schianto contro il muretto in curva, a causa del cedimento di un’ala finita sotto la vettura in frenata.  Le altre scuderie hanno iniziato molto più tardi a girare e subito costrette a rientrare per vari guasti, alcune sono rimaste ferme ai box, come la McLaren che ha lamentato problemi di combinazione tra impianto idraulico ed elettrico o la Red Bull per problemi legati ad un elemento della sospensione posteriore. Lotus era assente ed inizierà i test invernali solo nella tappa del Barhain a metà febbraio.

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Il predestinato di Heppenheim

di Filippo Gherardi

 

Heppenheim è una piccola città di 25mila abitanti dell’Assia, regione, o land se preferite, del sud della Germania. Poco più di un nome scritto su una cartina, ma tuttavia luogo di santi e predestinati. Tra i cittadini illustri di questo piccolo spicchio di mondo figura tale Marianna Cope, religiosa morta nel 1918 e santificata da Benedetto XVI poco più di un anno fa. Una predestinata della fede, una che, considerati anche i tempi in cui ha vissuto, difficilmente avrà mai viaggiato oltre i 50 km/h. Niente a che vedere insomma con Sebastian Vettel, anche lui di Heppenheim ma a differenza di Marianna Cope molto più legato ed abituato alla velocità. Con la vittoria dello scorso 27 ottobre in India, seguita a distanza di una settimana dall’undicesimo successo stagionale raccolto ad Abu Dhabi, Vettel è diventato per la quarta volta di fila campione del mondo in Formula 1, raggiungendo nella classifica “all time” un mostro sacro come Alain Prost, e lasciandosi alle spalle nomi del calibro di Senna, Lauda, Stewart, Brabham e Piquet. Davanti a lui, ora, soltanto Juan Manuel Fangio e Michael Schumacher, qualcosa di molto vicino alla storia assoluta di questo sport. Due fuoriclasse che a metà anni cinquanta (Fangio) e ad inizio nuovo millennio (Schumacher) hanno finito col tracciare in maniera indelebile un’era. Lo stesso che sta facendo Vettel adesso, che però a differenza tanto di Fangio quanto di Schumi dalla sua ha un’età anagrafica (appena ventisei anni) che sembra essere, mai come in questo caso, la più valida alleata per riscrivere una pagina a dir poco cruciale dell’epopea dello sport più amato (e seguito) tra tutti quelli a quattro ruote. Nelle scorse settimane si è riflettuto e discusso a lungo su fino a dove arrivassero i meriti di Vettel e dove, al contrario, i demeriti degli altri. La Red Bull perfetta progettata da Adrian Newey rischiava di essere un alibi fin troppo comodo per chi, Alonso in primis, ai livelli del tedesco negli ultimi anni non è riuscito a gareggiare. Ed invece Vettel e i suoi record ormai infiniti, Vettel e la sua fame incessante di vittoria (ricordate Gp di Malesia e sorpasso su Webber? ndr) e Vettel con la sua sapiente gestione dell’intero fine settimana, oltre che con la sua capacità di fare il vuoto in corsa, finiscono col fornire la più esplicita delle risposte: Vettel vince perché è il più forte. Premesso ciò non diventerà mai un santo come la Cope, ma se non altro continuerà a confermarsi un predestinato ancora per lungo tempo. Il predestinato di Heppenheim.